Cristiani, quando certe difese fanno più danni degli attacchi

Il Vaticano sarà indubbiamente grato a Marcello Pera, che si è assunto il non facile compito di difendere la Chiesa, sul Corriere dei giorni scorsi, a proposito della delicata questione dei preti pedofili, tornata d’attualità sui media. In argomento, scusandomi per il mio ardire di voler chiosare filosofi e teologi, se ritengo, da cattolico, il commento di Hans Kung su Repubblica, successivo a quello di Pera, eccessivamente severo verso il Papa, segnalo che quello del filosofo all’inizio citato non mi convince del tutto. Io stesso, per carità, ipotizzo che, da qualche parte, c’è taluno che vuole cogliere l’occasione per colpire comunque il vertice di Santa romana Chiesa. Ma il “nostro”, il quale, un po’ sorprendentemente, non esprime nella sua “lettera” al quotidiano di via Solferino alcun giudizio di condanna per i fatti in sé, si spinge ad affermare che, in conseguenza di tali fatti, è in atto una guerra campale tra laicismo e cristianesimo, che punta a infangare la stessa religione. Una guerra, nientemeno, quale quella che combatterono, contro la Chiesa, il nazismo e il comunismo. Sono perplesso, e vorrei semplicemente considerare che, a dolersi sommamente di questi dolorosissimi avvenimenti, in realtà, sono, in primis, moltissimi buoni cattolici (un mondo che non so quanto Pera conosca davvero a fondo) che amano la Chiesa – la quale non è rappresentata soltanto, egregio Senatore, dal Vaticano e dalle sue gerarchie, e neppure dal solo popolo ciellino – e il suo Pontefice. Questi cattolici sono pur consapevoli che singoli casi di devianza non intaccano la sostanza complessiva del messaggio cristiano, che la Chiesa ha il compito di tramandare, ma non possono dimenticare, anche in ragione dell’educazione dalla stessa ricevuta, che la pedofilia, oltre ad essere un reato grave, è un peccato quasi imperdonabile, se si pensa al monito di Gesù a riguardo di coloro che scandalizzano i bambini. E se a commetterlo sono dei presbiteri (una minoranza infinitesimale, certo, e ci mancherebbe!), ancora peggio. Allora, il problema non è non parlarne, e parlare d’altro, come pare suggerire l’importante interlocutore del Corriere. Il quale, infatti, nella sua foga di difendere la religione (la “nostra” religione, ovviamente), che sarebbe messa in crisi dalle critiche in materia, va oltre, svelando, in qualche misura, il suo vero disegno. Così, nello stesso articolo, attacca l’aborto, che non è argomento correlato, e arriva a lanciare, assurdamente, anatemi contro “chi ammazza un vecchio perché non ha più una famiglia che se ne curi”, o chi “affretta la fine di un figlio perché non è più cosciente ed è incurabile”, evocando, in qualche misura, la vicenda Eluana. Che è molto più complessa di quanto egli supponga, in verità. Infine, demonizza, nientemeno, il “pacifismo che nega che il male esiste”. Ohibò! Ma il filosofo dà il meglio di se stesso quando si dispera perché i cristiani, o perlomeno una parte di essi, non si rendono conto che questa guerra è davvero in atto. Così, direi pontificando, se la prende con certi “teologi frustrati” e, persino, con quei Vescovi “incerti” che pensano di venire (horribili dictu!) a un compromesso con la modernità. Abitando nel milanese, non mi è difficile farmi venire in mente i nomi di qualche nostro presule, in attività oppure emerito, cui potrebbe alludere il “nostro”. Dulcis in fundo, Marcello Pera, parlando addirittura di “Cardinali in crisi di fede” (è lui, il supremo Giudice delle nostre coscienze), “tira le orecchie” a quanti osano insinuare che il celibato dei preti, non essendo un dogma, come non lo è, può essere ripensato. E pure a chi pensa che all’interno della Chiesa esista una questione femminile: in proposito, mi verrebbe da dire, il nostro filosofo ritiene risolto il problema con l’avvenuta istituzionalizzazione delle ragazze-chierichetto, una volta, peraltro, impensabili. Ecco, dunque, il “logo” dell’illustre personaggio. Che coincide, più o meno, con quello espresso dai molti che, collocati politicamente a destra come lui, oltre a ritenere il ’68 la fonte di tutti i guai del nostro paese, e in particolare del prevalere in esso del “relativismo” (che in realtà è più figlio della subcultura introdotta dalle televisioni negli anni ’70) , danno l’impressione di rimpiangere, a riguardo della questione cattolica, i tempi antecedenti il Concilio Vaticano secondo. E, ancora a riguardo, se posso dire, di Chiesa e politica, è da segnalare che, in vista delle “regionali”, la diocesi di Roma ha emanato un documento nel quale, nella prima parte, si sostiene, al solito (e comprensibilmente), che i cattolici devono condividere un progetto politico “che consideri diritti irrinunciabili la libertà religiosa, la difesa della sacralità della vita umana dal concepimento sino alla morte naturale, della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, della libertà educativa e di istruzione”. Una nota che ha fatto subito dire a Gasparri – il quale ha ovviamente sottaciuto di essere alleato con quella Lega Nord che, a proposito della “vita nascente”, ricaccia indietro malamente anche le donne incinte che tentano di giungere nel nostro paese – che si tratta, sostanzialmente, di un appello per il voto (non ha usato precisamente questi termini, ovviamente) a favore della “cattolica” Polverini contro la “laicista” Bonino. Peccato che costui non abbia tenuto conto anche della seconda parte del documento, nel quale si parla, altresì, dell’esigenza di giustizia, di solidarietà, di accoglienza della “vita vivente”, oltre che di quella “nascente” o “morente”, e di salvaguardia dell’ambiente. Temi di poco interesse, via, per il centrodestra.

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