Markus Krienke: Germania in difficoltà

Burocrazia poco efficiente, scarsa qualificazione della mano d’opera, instabilità politica: pare il consueto racconto di quanto avviene a casa nostra ed invece si sta parlando della Germania. A tracciare questo quadro, a dir poco sorprendente, è Markus Krienke, membro del Comitato scientifico della Fondazione Adenauer e professore di Etica sociale cristiana e Dottrina sociale della Chiesa nella Facoltà di Teologia di Lugano, ospite dei “Popolari del Piemonte” (associazione di cui è presidente l’ex assessore provinciale Franco Campia) per un incontro su Europa e Germania. Sollecitato dalle domande di quattro articolisti di “Rinascita popolare” Giuseppe Davicino, Andrea Griseri, Giuseppe Ladetto ed Alessandro Risso, Krienke ha provveduto sin dall’inizio a sfatare la tanto mitizzata organizzazione teutonica e così del suo Paese – il professore è nato a Grunstadt in Renania – scaturisce un’immagine alquanto diversa da quella che se ha dall’Italia. E che, per molti versi, pare somigliarci molto.

<<Oggi la Germania – ha spiegato Krienke – non è più la locomotiva economica del vecchio continente ma si trascina in fondo alla classifica della crescita. I dati parlano chiaro: nel 2023 si è registrata una discesa del Pil dell’1,8 per cento. Un brusco arresto dovuto all’impennarsi dei costi dell’energia, aumentata del 150 per cento, e al forte calo delle esportazioni dopo la rottura con Mosca. Non si tratta di una crisi sistemica ma del combinarsi di fattori negativi che però non vanno sottovalutati. Al peggioramento contribuiscono i gravi problemi del comparto automotive, sotto pressione per la conversione all’elettrico e alla concorrenza cinese, ormai molto agguerrita. Nel suo complesso la transizione energetica si rivela densa di criticità>>.

Problemi che inevitabilmente si ripercuotono sugli equilibri dell’attuale maggioranza di governo: socialdemocratici (Spd), verdi e liberali (Fdp). Spesso vi è contrapposizione sulle scelte economiche, sul controllo della spesa pubblica e, in particolare, su una certa radicalità ambientalista di cui sono fautori i verdi e che sconta lo scetticismo, se non proprio la contrarietà della Fdp. <<Il cancelliere Spd, Olaf Scholz non riesce ad imporre veramente la propria leadership, cosicché, ad un anno e mezzo dalle prossime elezioni politiche, previste per il settembre 2025, il clima politico è alquanto logorato. La coalizione del “semaforo”: rosso-giallo-verde, governa a fatica. Mai, del resto, nella democrazia tedesca dal 1949 ad oggi, la frammentazione politica aveva condotto ad allestire un tripartito anziché una semplice coalizione bicolore come era accaduto più volte in passato>>.

Krienke ha sottolineato come <<il sistema politico tedesco soffra di una diffusa instabilità provocata dal crescere di Alternative fur Deutchsland (Afd), formazione di estrema destra con alcune propaggini a carattere neonazista. Su scala nazionale si colloca attorno al 20 per cento. Cifra che sale notevolmente nei lander dell’Est, soprattutto in Sassonia, Turingia e Brandeburgo, dove entro l’anno si svolgeranno le elezioni regionali e dove sfiora il 30 per cento. Uno dei temi forti dell’Afd è quello della cosiddetta reimmigrazione, cioè il ritorno a casa degli immigrati. Questione dirompente per la stessa democrazia tedesca e che ha dato origine a grandi manifestazioni di piazza contro questa destra che pure non si può liquidare solo come un rigurgito neonazista>>.

Afd nasce in realtà come reazione sovranista contraria all’euro e poi pesca nel malcontento dell’est, regioni dove riscuote i suoi maggiori consensi. All’est molti pensano che l’unificazione sia avvenuta con una sorta di colonizzazione dell’ovest che ha fatto tabula rasa del passato. Ad esempio, distruggendo il precedente apparato produttivo. Emerge quindi un crescente risentimento che l’Afd cavalca a gran voce e che porta a votare a destra ampie fette di elettori un tempo legati al vecchio Partito comunista.

In definitiva l’Afd è ormai in grado di condizionare il quadro politico. <<Sinora – evidenzia Krieke – i cristiano-democratici hanno respinto qualsiasi accordo ma c’è da chiedersi cosa accadrà se il peso della destra radicale dovesse aumentare ancora. Magari accompagnato da una nuova flessione della Cdu, che sta perdendo fasce di elettorato conservatore avverse alla svolta centrista di Angela Merkel: rifiuto del nucleare, matrimoni gay ed accoglienza di un milione di immigrati. Certo, la Cdu punta soprattutto sui liberali della Fpd, ma i due partiti, sondaggi alla mano, non dispongono, da soli, della maggioranza necessaria a governare. Il coinvolgimento dei Verdi potrebbe essere un’ipotesi da esplorare ma certe impuntature ecologiste non collimano con l’elettorato liberale e democristiano. Resta la Grande coalizione tra Cdu ed Spd col rischio di far perdere consensi ad entrambi i partiti>>.

A livello europeo la Germania cerca il proprio spazio, differenziandosi su alcuni temi dalla Francia, come si è visto sulle truppe Nato nello scenario ucraino. Il rafforzamento dell’Unione europea è visto come un obiettivo necessario. Cdu, Fdp e Spd – pur con sfumature diverse sul debito o una più o meno accentuata venatura sociale – sono sostanzialmente d’accordo con un maggiore impegno verso l’unità del continente.

Secondo Krienke, il punto decisivo per comprendere meglio l’attitudine tedesca verso l’Europa è il rigore di bilancio. Una “frugalità” condivisa dal blocco dei Paesi nordici, in antitesi alla “prodigalità” dell’Europa mediterranea. La composizione di questo divergenza è un po’ la chiave con cui l’integrazione europea su fisco, bilancio e politica economica comune potrà ripartire con rinnovato vigore.

<<Tutti comprendono che una maggior integrazione è indispensabile ma tutto è complicato dalle divisioni presenti tra i singoli Stati, per di più timorosi di perdere pezzi di sovranità. Eppure il minor peso economico e demografico dell’Europa nel mondo mostra che lo Stato nazionale non è più la soluzione. C’è peraltro bisogno di un nuovo assetto perché è difficile governare un sistema a 27 Stati le cui regole sono state concepite per un Europa a sei. Per rafforzare il cammino verso una più stretta unità politica serve un’intesa dei tre grandi Paesi dell’Unione: Francia, Germania ed Italia, in grado di far da battistrada per gli Stati più piccoli e superare l’attuale fase di stallo nella quale siamo impantanati>>.

L’orizzonte internazionale, e in particolare quello europeo, è oggi oscurato dalla guerra in Ucraina. Difficile uscirne fuori, ritiene Krienke, senza un deciso supporto dell’Europa a Kiev. <<Si tratta di bloccare definitivamente le mire egemoniche di Putin che potrebbero avere altri obiettivi. Anche oltre i territori contesi del Donbass. Sotto questo profilo, per difendere una prospettiva di pace futura, sarebbe un vero disastro abbandonare l’Ucraina al proprio destino>>.

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