Rispondere alle domande dei Brics: in gioco il nostro futuro

Paradossi della comunicazione. Stiamo vivendo la crisi di una Europa che è stata in gran parte snaturata dai poteri dell’economia e della finanza, che ne hanno preso il controllo e disegnato l’attuale architettura, ostile ai lavoratori ed alla classe media. Siamo interessati da flussi migratori ingenti, che esigono la nostra solidarietà insieme alla necessità di ritrovare un modo di governarli e di agire sulle cause (miseria e guerre) che spingono milioni di persone alla dolorosa scelta di abbandonale le loro patrie. Abbiamo, grazie alla politica estera che i neoconservatori hanno imposto agli Stati Uniti in questo secolo, la guerra alle porte di casa, nell’Est europeo, in nord Africa e nel Vicino Oriente. Paghiamo il prezzo economico delle sanzioni che aggravano la grande crisi in corso.

Eppure, nonostante la concomitanza di questi fattori, l’opinione pubblica, e la psicologia di massa, che sono influenzate fortemente dagli interessi di chi sta fomentando il caos e le guerre attuali, sembrano ignorare le possibili risposte. Se ne è avuto un esempio dal modo in cui i media nostrani ed occidentali hanno pressoché ignorato l’ottavo vertice dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), che si è svolto a Goa in India il 15 e 16 ottobre scorsi, sebbene mai come in questa edizione l’interlocutore fosse l’Occidente, richiamato ad assumersi le proprie responsabilità di fronte a questo snodo decisivo, e drammatico, della storia, che ci vede vicinissimi al rischio di un confronto nucleare su vasta scala, con epicentro la nostra Europa.

Sorvolando sul fatto che i cinque Paesi Brics rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale e circa un quarto della produzione mondiale, ciò che ci riguarda molto da vicino è soprattutto il fatto che quella che potremmo definire l’altra metà del mondo, ci sta dicendo che ha piacere di coesistere con noi, a patto che noi, ovvero i poteri globalisti che comandano l’Occidente, la smettiamo di considerarli come delle nazioni da assoggettare, con qualsiasi mezzo – inclusi la destabilizzazione, il terrorismo, la guerra – e come delle economie da depredare. I Brics chiedono, come si legge nel documento conclusivo di questo loro vertice, la Dichiarazione di Goa, una “transizione verso un ordine internazionale più giusto, democratico e multipolare basato sul ruolo centrale dell’Onu” di cui affermano la necessità di una onnicomprensiva riforma ”compreso il Consiglio di Sicurezza, in modo da renderlo più rappresentativo, effettivo ed efficiente e accrescere in esso la rappresentanza dei Paesi emergenti”. La Nuova Banca per lo Sviluppo (Ndb) creata dai Brics rappresenta già ora una risposta alla mancata riforma e riequilibrio degli organismi economici internazionali.

Viene chiesto, inoltre, all’Occidente la fine “degli interventi militari unilaterali e le sanzioni economiche in contrasto con il diritto internazionale”. In particolare i Brics, pur con sfumature al loro interno, ribadiscono che la Siria è stata da loro assunta, sin dall’inizio del conflitto, cinque anni fa, come banco di prova della transizione ad un modello di governance multipolare. Ed è questa la ragione per la quale l’ostinazione dell’Occidente (Usa, Gran Bretagna e Francia in testa) di portare i terroristi fondamentalisti, da loro addestrati con i soldi delle petromonarchie del Golfo, al potere a Damasco, costituisce, oltreché causa di una interminabile carneficina, la possibile miccia di un conflitto su più vasta scala. Una pericolosa escalation sulla quale sarà decisivo il voto degli elettori americani, dalle cui scelte alle prossime presidenziali passa la possibilità di fermarla, insieme alla capacità dell’Occidente a dare delle risposte alle domande sulla pace e sullo sviluppo che gli Stati Brics dal loro ultimo summit ci hanno posto.

Per questo risulta particolarmente ferma nella Dichiarazione di Goa la condanna del terrorismo internazionale “in tutte le sue forme”. Stato Islamico, e suoi affiliati, tagliagole più o meno “moderati”, sono per i Brics “una minaccia globale senza precedenti alla pace e sicurezza internazionale”.

Nei prossimi mesi si capirà quale sarà la risposta della coalizione occidentale alle sollecitazioni venute dal vertice dei Brics: se i terroristi che vengono cacciati dall’Iraq verranno concentrati in Siria per dare la spallata definitiva al regime di Damasco, l’umanità intera dovrà affrontare dei giorni drammatici. Se invece a prevalere sarà la volontà di far progredire gli sforzi per affrontare le nuove sfide della pace e della sicurezza globali, e di uno sviluppo sostenibile, significherà che saremo stati in grado di trovare insieme le risposte che il mondo attende.

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