Unioni civili, banco di prova per il profilo del Pd

Il dibattito sui diritti civili in tempi di crisi rischia di mettere in secondo piano i crescenti diritti negati dei lavoratori e dell’intero mondo della produzione come quelli dei cittadini colpiti dai tagli al welfare. Entrambe le forme di regressione civile e sociale avvengono purtroppo da anni senza eccessivo scandalo. E se i diritti civili sono come il barometro di una società, tale discussione dovrebbe segnalare la profonda modificazione sociale in atto che spinge le fasce medie verso l’impoverimento e che aumenta come non mai i profitti della ristretta cerchia dei fondi speculativi e delle banche d’affari, che con le attuali politiche di austerità mettono sul conto dei popoli le loro perdite.

Ecco perché il tema dei diritti civili va affrontato con saggezza ed in un’ottica riformatrice, e non radical-chic, evitando forme di scontro e di strumentalizzazione politica ed ideologica, riemerse purtroppo all’ultima Assemblea Nazionale del Pd come anche in occasione del voto sul registro delle unioni civili del Consiglio comunale di Milano. Questo strumento, dopo essersi dimostrato sostanzialmente inefficace nelle città in cui è stato istituito, è approdato a Milano, suscitando la motivata astensione di Andrea Fanzago, Rosario Pantaleo e di altri due consiglieri comunali del Pd. Occorre comunque dare atto al sindaco Pisapia che si è attenuto a quanto ampiamente annunciato prima del voto, anche per quel che riguarda le modalità, i limiti e le distinzioni di piani di tale iniziativa.

La normale dialettica politica tende però a non aiutare ad affrontare il merito dei problemi con la dovuta serenità e competenza, nel verificare una più piena attuazione dei diritti individuali e di quelli dell’istituto familiare, sanciti dalla Costituzione. La società cambia e vi sono fenomeni nuovi da regolare secondo criteri che non possono non venire dai diversi riferimenti culturali ed antropologici. Se questo è vero in generale, vale a maggior ragione nel Partito Democratico. Il confronto di posizioni sui diritti civili e sui temi eticamente sensibili costituisce un banco di prova per il profilo e per lo stesso futuro del Pd.

Il presidente di questo partito Rosi Bindi non ha usato giri di parole per ricordare che dal modo in cui vengono posti questi temi si tratteggia anche una scelta di che cosa sia il Pd: un partito della sinistra, semplice continuazione della pur importante storia del Pci-Pds-Ds, oppure un partito plurale, di centro sinistra, nel quale i cattolici e segnatamente i cattolici democratici non sono una componente accessoria (come lo sono e lo sono stati nei partiti della sinistra) bensì soci fondatori e protagonisti.

Addirittura anche una parte rilevante e crescente della componente di sinistra del Pd dopo lo scoppio della grande crisi sta tornando ai fondamentali valori di uguaglianza e giustizia, che storicamente animano questa identità politica, indicando, come fa Stefano Fassina, nella centralità della persona come soggetto del lavoro e dell’economia, propugnata dalla dottrina sociale della Chiesa, un punto di riferimento centrale ed irrinunciabile. Il cambio di direzione alla guida del quotidiano storico della sinistra l’Unità è assai significativo a questo riguardo: meno “liberal”, più concreto ed attento ai ceti lavoratori ed al nuovo nome della questione sociale che oggi è quello del conflitto tra lavoro, economia “reale” e finanza speculativa.

Il vero dibattito oggi nel Pd non è tanto tra laici e cattolici ma tra quanti hanno una visione sociale e popolare della politica e quanti invece vorrebbero trasformare il Pd in una sorta di partito radicale di massa, libertario quanto èlitario. In quest’ultimo caso temi come nozze gay ed eutanasia, insieme ad una esasperata visione individualista della società e dell’economia, divengono degli obiettivi politici da perseguire.

Nella prima idea di partito, che sembra condizionare significativamente la segreteria Bersani, si esprime invece la consapevolezza che i più urgenti cambiamenti sociali da governare oggi sono quelli che stanno disintegrando la classe media e disegnando un sistema di convivenza a rischio di esplosione perché concepito a misura degli interessi dei super ricchi e delle loro organizzazioni di potere trans nazionali. Dopo, sia chiaro non per importanza, ma nell’ordine dell’agenda politica in una situazione di emergenza estrema nella quale ci ha gettato la crisi, vengono le questioni relative all’evoluzione dei costumi.

Volendo parlare di estensione di diritti delle coppie, un partito riformatore come il Pd deve aver presente nel contempo che ci sono diritti violati di milioni di lavoratori. Anche le coppie di lavoratori precari hanno diritto alle nozze, ad un mutuo, alla casa e a dei figli. Ma una certa cultura del lavoro che sembra divenire ogni giorno più arcaica, è pronta a riconoscerlo nella sostanza, fatta di retribuzioni decenti e di irrinunciabili tutele del lavoro?

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