Caritas: è pandemia sociale. Vietato sbagliare le risposte
Sull’ultimo rapporto Caritas che monitora l’emergenza povertà in Italia nel periodo che comprende gli ultimi quattro mesi del 2020 e il primo trimestre di quest’anno, è sufficiente il giudizio della Caritas Ambrosiana: “siamo di fronte ad una pandemia sociale senza precedenti “.
Non sono nuovi poveri: è ceto medio impoverito: ambulanti, ristoratori, gestori di servizi (anche in pieno centro cittadino). Si fa purtroppo fatica a valutare ciò che sta avvenendo nelle sue reali caratteristiche e dimensioni anche a causa di stereotipi che limitano il dibattito pubblico, riducendolo nella dimensione addomesticata del politicamente corretto. Niente è più fuorviante che ritenere che le nuove vittime delle crisi si attendano gli aiuti ai poveri. Si tratta di gente che è stata sradicata dal lavoro che si era creato. La risposta non potrà mai essere un tozzo di pane. È tessuto socioeconomico che non si rigenera più a causa di un decennio di austerità pre-covid e delle misure sproporzionate e oltremodo dannose per combatterlo.
Il quadro già cupo si avvia a divenire tetro per il forte aumento delle commodities, materie prime e alimentari, e per l’ondata di inflazione causata dagli Stati Uniti (che non è un male in sé, anzi, ma su un’Europa alla tedesca che si ostina a rimanere ordoliberista, non aumentando i salari e non fornendo sufficiente liquidità all’economia reale, l’inflazione produce lo stesso effetto della luce del sole su Dracula, rischia di portarla all’implosione).
I suddetti due fattori nel giro di qualche mese sono potenzialmente in grado di erodere in maniera sensibile il potere di acquisto delle famiglie e i profitti delle imprese. Come dire, aspettiamoci non che piova sul bagnato ma il diluvio universale sul bagnato.
In previsione di tutto ciò abbiamo (solo per citare le misure maggiormente procicliche, come benzina su un incendio per spegnerlo):
– uno Piano per la ripresa, il Next Generation Eu, che pur rappresentando per certi versi una svolta storica, uno dei padri dell’Euro, l’economista belga, Paul De Grauwe ha definito sul Sole 24 Ore (18-11-2021) “non certo adeguato alle esigenze di ricostruzione e di ripresa delle economie europee”. Il confronto, per De Grauwe, appare “impietoso” in termini di risorse con le misure adottate dall’Amministrazione Biden; il piano europeo richiede un “processo di implementazione molto lungo e complesso, il che toglie efficacia al piano”, per i tempi d’attuazione. “La differenza possono farla solo i singoli stati”, beninteso sostenuti dalla Bce. Inoltre, il NGEU risulta vincolato in gran parte non alle reali e vitali necessità del Paese ma ai “grilli” dell’agenda degli ultraricchi mondiali: la decrescita, la transizione verde e digitale, in sé validissime, ma con vincoli di attuazione che comportano modalità discutibili, non sempre rispettose dei diritti umani e costituzionali, in grado di danneggiare i ceti lavoratori e meno agiati, i territori periferici, e che in compenso realizzano un gigantesco, ulteriore trasferimento di ricchezza dal ceto medio produttivo ai pochi giganti del digitale. Il vincoli a cui sono subordinate le erogazioni dei fondi europei risultano, inoltre, costituiti da arbitrarie riforme istituzionali di varia natura che appaiono più utili a velocizzare la svendita dei patrimoni pubblici e privati, che al rilancio del Paese.
– andiamo avanti imperterriti sul libero mercato dell’energia (improvvida direttiva europea) e delle altre tariffazioni domestiche proprio mente siamo sul baratro della stagflazione e avremmo bisogno come l’aria di tariffe bloccate e a prezzi politici, di nazionalizzare per garantire un minimo di stabilità al maggior numero di famiglie e imprese, magari affidando la gestione della tariffazione senza scopo di lucro al Terzo Settore.
– un terzo grande fattore prociclico è rappresentato dal fatto che mentre i prezzi di tutti i materiali salgono a livello internazionale, con inevitabili e prevedibilissimi forti aumenti su cibi e prodotti, che si fa? Si aggrava il problema, come denunciano le nostre imprese, con l’aumento sconsiderato dei prezzi del mercato delle quote della CO2, che arricchisce solo Goldman Sachs, per chi ha presente come sia stato congegnato il meccanismo, mettendo i suoi ingiusti profitti sul conto della casalinga di Voghera. Come sostiene il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, “la transizione verde deve essere una transizione giusta, che non lascia indietro nessuno”. Altrimenti, potrebbe arrivare un giorno in cui dovremmo amaramente riconoscere che un accordo Accordo di Parigi sul clima mal applicato, senza “giustizia climatica” potrebbe essersi rivelato come una delle cause scatenanti dell’implosione dell’Ue e forse pure di più gravi conflitti a livello planetario.
Ecco perché, gli ultimi dati forniti dalla Caritas sembrano consigliare una certa cautela prima di dire “aiutiamo i nuovi poveri”, che poveri poi non sono come mentalità, senza nel contempo dimostrare la coerenza di smetterla nei fatti di sostenere un’agenda che dissesta a livelli insostenibili la società e l’economia. Questo è tutt’altro che un esercizio di buona politica bensì sintomo della pochezza di visione politica che ci circonda, a cui dobbiamo, a cominciare dai cattolici impegnati nel sociale, pensare di porre rimedio.
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