Giovannina Mazzone: una vita per le donne del Monferrato

Ben 93 anni spesi nel sociale e per gli altri. Questo può dirsi di Giovannina Mazzone: coraggiosa protagonista di una significativa storia di laicato cattolico nel Monferrato.

Nata nel 1861, a vent’anni Giovannina matura la scelta dell’impegno diretto nella dimensione laicale: collaborazione al clero locale, impegno missionario di catechesi, presenza nelle strutture parrocchiali, testimonianza nel sociale; attiva nell’opera caritatevole della San Vincenzo.

Sono anni difficili, segnati dal “ non expedit ” politico per tutti i cattolici e da un profondo anticlericalismo, prima espressione di ambienti giacobini, socialisti e liberal-massonici. Di fronte alle opzioni sempre più oligarchiche delle classi dirigenti, i cattolici si rendono attivi nel social. Anche nel Monferrato nacquero così: casse rurali, società operaie cattoliche di mutuo soccorso, biblioteche circolanti, circoli giovanili, alcuni primi embrioni di rappresentanza sociale.

La Mazzone, ispirandosi all’esperienza della parrocchia di Saint Sulpice a Parigi, inaugura una nuova formula di catechesi, creando una scuola di canto, istituendo la Compagnia della dottrina cristiana ed avviando l’oratorio femminile, uno dei primi in Italia.

A Casale Monferrato, la parrocchia di Santo Stefano diventa il suo naturale ambito organizzativo. Giovannina si occupa delle giovani lavoratrici, delle ragazze alla ricerca di un’attività. Nella sede di via Trevigi prenderà corpo il convitto femminile che ospiterà per decenni le studentesse che frequentano le scuole a Casale.

All’inizio fu una sfida, ma poi il consenso giunse e Giovannina proseguì, appoggiata dai diversi vescovi della diocesi casalese: Ludovico Gavotti, Albino Pella, Giuseppe Angrisani. Fin dall’esordio, si coglie l’evidente originalità della sua azione. Grande modernità anche nella metodologia e nel linguaggio: incontri di gruppo, recitazioni teatrali, merende all’aperto, viaggi ed incontri con la cultura e la natura, lezioni di scrittura e canto.

Siamo negli ultimi decenni dell’800. Il contesto sociale ed economico nel Monferrato, così come quello del resto del Piemonte, risulta segnato da un’agricoltura di grandi latifondi, con pochissima partecipazione del piccolo contadino autonomo, e dalla presenza un lavoro minerario svolto in condizioni disumane e con l’impiego di minori.

Dopo la Rerum Novarum di Leone XIII, il mondo cattolico venne invitato esplicitamente ad un nuovo impegno sui temi sociali e del lavoro, contro lo sfruttamento del capitale sfrenato, a difesa dei lavoratori.

Su invito del vescovo Gavotti, la Mazzone non esitò a concretizzare ancor più le intuizioni che già aveva sperimentato. Creò un laboratorio serale per ospitare e sostenere lavoratrici del cemento, le ortolane e mondariso, operaie ed impiegate, insegnanti pendolari, sarte e panettiere. Diede vita a Casale ai primi corsi di formazione ed aggiornamento, con lezioni di italiano, di francese, di religione e di matematica elementare.

Giovannina allestì un segmento formativo specifico: il terziario femminile, perché l’impegno educativo era un suo costante assillo. “La persona – ripeteva – si educa alla vita e alla società”. Intensificò l’attenzione verso le mondariso, problematico settore di occupazione esclusivamente femminile. Tra Casale, Trino, Vercelli e Mortara, venne creata una rete di sostegno e protezione a centinaia di mondine. Accanto al messaggio evangelico, la Mazzone assicurò sempre la vicinanza umana, il sostegno sanitario possibile, la formazione culturale, l’affermazione dei diritti essenziali.

Nella settimana dell’Opera dei Congressi a Torino nel 1911 sostenne la necessità di creare organizzazione a difesa dei lavoratori, settore per settore, prefigurando la formula del sindacato di categoria. Nel congresso di Livorno nel 1914, impose l’attenzione sull’emergenza delle mondariso, lavoratrici sfruttate e prive di ogni tutela minima.

Quando nel 1929, aprì a Casale il grande setificio di via Negri, la Maniseta, con l’impiego di ben 3000 lavoratrici, da tutto il Monferrato e dalla Lomellina, le dipendenti giungevano al mattino presto per rientrare alla sera tardi, stanchissime per il lavoro e per il tempo di trasferimento. La Mazzone denunciò le gravi criticità del sistema industriale, a danno dei lavoratori.

Negli ventennio fascista, Giovannina rifiutò ogni contatto con le gerarchie. Un’estraneità e una distanza che si accentuò, negli anni della Rsi, dopo l’avvio delle persecuzioni degli ebrei. Le case della Mazzone, da via Trevigi alla struttura di via Negri, ospitarono in incognito parecchi sfollati, famiglie ebree, nuclei antifascisti, giovani dissidenti e i primi partigiani. Vennero poste le basi dell’antifascismo cattolico del Monferrato. Partecipò attivamente alla rinascita dell’Italia libera nel dopoguerra. Fino alla morte, avvenuta nel 1954, spese le sue energie per il riscatto sociale dei più deboli. Vivida ed indimenticabile testimonianza di impegno civile a favore del prossimo e del bene comune.

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