Cagliari, cattolici più incisivi

Se Papa Francesco costituisce ormai un riferimento mondiale per i movimenti popolari che lottano per assicurare un lavoro dignitoso e una casa a tutti gli esseri umani, va rimarcato anche il fatto che la Chiesa italiana ha assunto un ruolo di stimolo e di proposta nella direzione di una riduzione delle ingiustizie sociali. Lo si è visto alla 48ª Settimana sociale di Cagliari, un appuntamento non rituale per richiamare in modo chiaro i laici cattolici alle loro responsabilità di fronte al Paese e per superare questa delicata congiuntura sul piano economico e sociale.

Dopo anni in cui sul piano degli assetti istituzionali e sul piano economico la politica non è parsa fare altro che seguire e applicare all’Italia schemi e modelli funzionali ai grandi interessi finanziari transnazionali, si avverte la necessità di una svolta. Anche per i cattolici impegnati nel sociale e in politica. L’invito che viene da Cagliari è quello di essere più concreti ed incisivi. Non è un caso che le proposte emerse dai lavori di questa Settimana Sociale coinvolgano, più di ogni altra, la sfera economica e finanziaria, l’ambito in cui nell’attuale fase storica pare essersi dislocato il potere reale, e l’ambito da cui non si può prescindere per affrontare con vigore il tema centrale del lavoro per renderlo più conforme alle categorie indicate nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, e ribadite dal Pontefice ai partecipanti all’evento, nonché durante lo storico incontro con le Acli del 2015, quelle di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale.

A Cagliari la Chiesa italiana ha chiesto ai laici impegnati nella società, ed in particolare a persone e movimenti che si occupano specificamente di lavoro, non solo di diffondere una cultura del lavoro rispettosa della dignità umana e orientata al bene comune, ma anche e soprattutto di agire in modo congruente con i valori che si affermano. Ciò traspare in modo evidente dalle proposte avanzate dall’assemblea di Cagliari alle istituzioni: quelle rivolte ai responsabili delle istituzioni europee ineriscono tutte quante alle politiche economiche, monetarie, fiscali e di bilancio, aprendo con precisione chirurgica uno spazio di dibattito sinora assai poco sviluppato. Perché l’affermazione della centralità del lavoro, se non vuole rimanere vuota e retorica, come troppo spesso si ha occasione di sentire, non può prescindere dal porre determinate questioni. Primo: una riflessione sulle politiche fiscali per evitare che creino una concorrenza al ribasso tra i lavoratori più svantaggiati dell’Ue; secondo: un grande piano di investimenti infrastrutturali e produttivi che sia riconosciuto – questo è decisivo – nelle politiche di bilancio. Una chiarissima presa di distanza dal monetarismo e dalle conseguenti politiche austeritarie che, come si è visto in questi anni, hanno distolto le risorse laddove servono, per il lavoro e lo sviluppo, per inondare di liquidità ciò che non serve o addirittura è nocivo, come il mondo della finanza speculativa. Terzo: integrazione nello Statuto della Banca Centrale europea del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione a guida delle scelte di politica economica, una proposta, che se fatta propria dal nostro Paese, potrebbe risultare determinante per il futuro dell’Europa e contribuire efficacemente ad abbattere la disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

A Cagliari si sono viste idee e proposte non concepite come spot ad uso e consumo delle conferenze stampa ma che puntano ad introdurre cambiamenti di sistema. Resta da vedere quanti, fra i cattolici innanzitutto e con tutte le persone di buona volontà, dimostreranno la capacità di mettersi in gioco, di ragionare anche a costo di infrangere schemi consolidati, di rischiare qualcosa per il bene del Paese, di scrivere una nuova pagina di protagonismo e di impegno del cattolicesimo democratico e sociale da aggiungere a quelle tante e significative delle epoche passate.

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