Carlo Azeglio Ciampi, uomo dell’euro

Con la morte di Carlo Azeglio Ciampi, l’Italia perde un uomo che ha speso una vita al servizio dello Stato e delle sue istituzioni. Livornese, classe 1920, dopo la laurea in Lettere e la chiamata alle armi come sottotenente in Albania, aderì nel 1943 alla Resistenza nelle fila della brigata abruzzese della Maiella. Dopo la guerra entrò in Banca d’Italia della quale salì tutti i gradini fino a divenirne, nel 1979, governatore. Nel 1993 passò alla politica diventando il primo tecnico a guidare un governo nella storia della Repubblica. Si era in piena Tangentopoli, e il discredito di cui soffriva la vecchia classe politica indusse l’allora presidente Scalfaro a guardare oltre i normali steccati parlamentari. Vicino al pensiero liberalsocialista e al riformismo di sinistra (fino al 1980 ebbe in tasca la tessera della Cgil), Ciampi ha sempre ritenuto che la salvaguardia dei conti pubblici fosse la sola, e credibile, precondizione per fare politiche di sviluppo e di equità sociale.

Per questo, dopo le elezioni del 1996, Romano Prodi, giunto con l’Ulivo alla guida del Paese, lo volle come ministro del Tesoro. E con lui l’Italia si agganciò, proprio all’ultimo giro di boa, all’euro che stava nascendo e che nel 2002 sarebbe divenuto realtà. Di quella grande stagione – era l’epoca in cui si parlava anche di una nuova Costituzione europea – Ciampi fu l’indiscusso artefice ponendosi, con la sua sola presenza nel governo, a garante dei nuovi equilibri di bilancio. Per un convinto europeista quale lui era, l’adesione alla moneta unica fu davvero il compimento di una missione. Naturale punto di partenza per future tappe dell’integrazione europea cui il nostro Paese non poteva rimanere estraneo.

La sua esperienza al governo si concluse nel 1999 quando venne eletto presidente della Repubblica a larga maggioranza. Una volta al Quirinale, Ciampi si fece promotore di un vero e proprio patriottismo costituzionale. Vi fu il ripristino del 2 giugno come festa della Repubblica, mentre il tricolore e l’inno di Mameli ritrovarono nuovi spazi. Il tutto nell’idea che la Costituzione sia la patria di tutti, insostituibile luogo di tutela della nostra libertà e dei nostri diritti, momento unificante per valorizzare la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica.

Un percorso testimoniato anche dal recupero del valore della Resistenza dei militari, su cui per decenni si era spesso taciuto. La strage nell’isola greca di Cefalonia, dove reparti italiani rifiutarono di arrendersi ai tedeschi, divenne così il simbolo di questo drammatico frangente della nostra storia. Ciampi volle anche proporre una diversa chiave di lettura dell’armistizio dell’8 settembre. Non già fine della patria come, per opposti motivi, continuavano ad affermare l’estrema sinistra (assimilando il patriottismo col fascismo) e la destra neofascista (bollando come tradimento la caduta di Mussolini), ma cruciale riscatto del Paese. La guerra di Liberazione dunque come pieno recupero degli autentici valori nazionali, figli del Risorgimento, che il fascismo, alleandosi con la Germania nazista, aveva impunemente calpestato.

Tra le tante cose che dobbiamo a Ciampi, questa è certamente la più importante, perchè ha contribuito ad unire gli italiani, a fare della Costituzione la loro casa e del 25 aprile la festa di tutti.

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