Dacca, Bangladesh: il massacro degli italiani

Ancora una strage: questa volta a Dacca, capitale del Bangladesh. Ancora tante vittime, ben venti tra cui nove italiani. Questa volta è toccato a nostri connazionali massacrati perchè erano lì, per caso, nel ristorante oggetto dell’attacco terroristico, come potrebbe accadere a chiunque di noi.

Un po’ tutti siamo infatti bersaglio di questo fondamentalismo del terrore che vuole braccarci nella nostra quotidianità. Vuole colpirci mentre andiamo al lavoro, quando ci troviamo in vacanza o, semplicemente, durante una normale serata in un ristorante. L’obiettivo è di intimorirci in maniera definitiva, di annichilire il nostro stile di vita fondato sulle libertà individuali. La cosa che essi detestano maggiormente, perché queste libertà contengono tutto ciò che disgrega il loro modo di concepire la società e forse la vita stessa: dalla laicità ai diritti delle donne, al rispetto della diversità sessuale.

Ecco poi che il Paese prescelto è, questa volta, il Bangladesh ove la religione islamica e la modernità economica e sociale convivono nel migliore dei modi. Distruggere alla radice l’idea che l’Islam possa accompagnarsi al pluralismo e alla libertà, ecco uno dei principali obiettivi dell’integralismo. Per questo, uccide anche chi professa la sua stessa religione, come è capitato nei due sanguinosi attentati compiuti a Baghdad che sono costati oltre cento morti. Vuole impedire qualsiasi normalizzazione, anche se oggi l’Isis è assai più debole di un anno fa.

Col terrore si illudono di essere più forti di noi, ma a ben vedere emerge invece la loro debolezza, incapaci come sono, con quella rabbia che hanno in corpo, di vivere in un mondo libero e pieno di tante opportunità. Quelle che se non fossero stati accecati dall’integralismo dell’odio, anch’essi potrebbero cogliere, alla stregua di tutti gli altri. Il fatto che gli attentatori siano, come sembrano indicare le indagini, di estrazione borghese e abbiano un’istruzione universitaria, mostra ancora di più che il proselitismo integralista attecchisce un po’ in tutti gli ambienti e non solo nel tradizionale humus di stretta matrice islamica.

Lo ripetiamo una volta di più: non prevarranno. Però per battere questa moderna Idra a tante teste che fomenta il terrore ad ogni latitudine, occorre più che mai mettere in campo i migliori strumenti di cooperazione tra i vari Paesi. E qui c’è, in prima fila, spazio per l’Europa. L’Unione europea, ancora un po’ stordita da una Brexit – che gli stessi sudditi di Elisabetta cominciano a pensare di aver sottoscritto troppo in fretta – deve riorganizzare i propri servizi informativi, giungere a meglio controllare le frontiere esterne (anziché chiudere quelle interne), avviare una stretta collaborazione tra le forze di polizia con comuni banche dati e comuni strumenti giudiziari. E questo modello di cooperazione, pur con le dovute peculiarità legate al non esser parte della medesima comunità politica, va allargato al resto del mondo occidentale, Giappone e Stati Uniti in testa, e a tutti i Paesi alleati.

Contro un terrore che si internazionalizza più che mai è il momento di una grande collaborazione internazionale. Unica strada da seguire; unico cammino da intraprendere.

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