Acqua avvelenata per la democrazia

Con il numero record di oltre 400.000 firme, nel 2007 venne presentata al Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico. La stessa rimase abbandonata nei cassetti per due legislature, termine entro il quale la proposta decadde. Venne ripresa con la legislatura apertasi nel 2013 e trasformata in proposta di iniziativa parlamentare ad opera di un intergruppo formato prevalentemente da deputati del M5S e di Sel. Nelle scorse settimane è stata discussa in commissione dove, con una serie di emendamenti, la maggioranza di governo ha provveduto a svuotarla dei suoi contenuti qualificanti, cioè la ripubblicizzazione del servizio idrico e la sua gestione partecipata.

Il 20 aprile la Camera, con il ritiro delle firme dei parlamentari dell’intergruppo, ha approvato il testo emendato ed ora spetterà al Senato l’approvazione definitiva. Unitamente a quanto previsto dal Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della legge Madia n. 124/15, e cioè il rafforzamento del ruolo dei soggetti privati nella gestione dei servizi pubblici locali con la riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità, si concretizza la volontà dei governi che si sono succeduti in questi anni di azzerare il risultato dei referendum del 2011.

Questa vicenda dimostra la tenace volontà della nostra classe dirigente di favorire ben precisi interessi economici. Infatti, l’esito del voto popolare forniva un indirizzo politico indiscutibile, come attestato dalla sentenza della Corte Costituzionale 26/2011:” si è perseguita chiaramente (…) la finalità di rendere estraneo alla logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua”. Il governo Renzi oggi va esattamente nella direzione opposta.

Al di là della mobilitazione e delle iniziative che i Comitati per l’Acqua Bene Comune stanno mettendo in campo per contrastare quest’operazione (prima tra tutte la petizione popolare al Parlamento perché venga riconsiderato l’operato del governo e venga riconosciuto l’esito referendario), è opportuno riflettere sugli effetti collaterali di quanto è avvenuto, la cui portata non è meno grave.

Si pone infatti il tema, non certo nuovo ma mai efficacemente affrontato, dello svuotamento dei pochi istituti di democrazia diretta. Mancano, infatti, vincoli normativi stringenti che impediscano al Parlamento di ignorare una proposta di legge di iniziativa popolare, che può tranquillamente essere lasciata giacere negli archivi senza essere discussa, fino alla decorrenza dei termini della sua validità.

E i referendum? Affrontato un percorso irto di difficoltà, dalla raccolta firme, alla valutazione di ammissibilità da parte delle Corti di Cassazione e Costituzionale, al raggiungimento del quorum nel momento in cui sono finalmente sottoposti al voto degli elettori, anche in caso di vittoria vengono tranquillamente ignorati da chi dovrebbe farne applicare l’esito.

Tutto ciò determina l’inquietante risultato, in un contesto sociale e politico già di per se instabile, di sgretolare ulteriormente nei cittadini la credibilità delle istituzioni. E colpisce duramente la disponibilità all’impegno politico e civile.

La campagna referendaria del 2011, con il coinvolgimento a vari gradi di intensità di milioni di persone, aveva segnato un incredibile risveglio della voglia di partecipazione popolare, determinando il raggiungimento del quorum dopo quasi due decenni di fallimenti.

La vicenda dell’acqua pubblica rende chiaro che alla nostra classe di governo tutto questo poco interessa. Pare anzi che, contrariamente a quanto espresso a parole, lo scopo sia di frustrare il senso di cittadinanza degli italiani, ignorandone il loro impegno politico, mortificandone la voglia di partecipazione. Certo conviene governare su una moltitudine di individui disillusi e rassegnati, magari inclini allo sterile lamento ma poco propensi ad esercitare i loro diritti di cittadini. Lasciando il manovratore indisturbato.

A questo proposito il prossimo referendum costituzionale sarà un banco di prova fondamentale. Chi oggi ha tradito la volontà popolare chiede il voto degli italiani per confermare le sue “riforme”. Vedremo se le donne e gli uomini di questo Paese sapranno ripagarlo con la giusta moneta.

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