Il martirio dei cristiani d’Oriente

Nelle aree della Siria e dell’Iraq occupate dall’Isis è da tempo in atto un vero e proprio genocidio religioso a spese dei cristiani. Nella migliore delle ipotesi vi è la fuga da queste terre, nella peggiore la persecuzione, la tortura e la morte. Siamo di fronte al tentativo di cancellare la presenza cristiana dall’intero Medio Oriente in cui, pur minoritaria, la fede in Cristo, sulle orme di san Tommaso, ha saputo radicarsi nel tessuto sociale dei diversi Paesi da molti secoli.

Possiamo dirlo senza tema di smentita: nelle drammatiche vicende dei cristiani siriani ed iracheni si evidenzia in pieno il fallimento dell’Occidente in questa area geografica. Vi è stata dapprima la sciagurata guerra per rovesciare Saddam Hussein, in cui la caduta della dittatura ha finito per spalancare le porte al peggior integralismo islamico. Con l’insediarsi dell’Isis roccaforti cristiane come Nivive o Mosul hanno dovuto essere abbandonate. Molti si sono rifugiati nel Kurdistan, oppure sono espatriati in Libano o Giordania; altri ancora sono fuggiti verso la Turchia, passaggio attraverso cui si spera di approdare in Europa. Incredibile poi l’abbaglio preso dall’Occidente nel puntare il dito contro il regime di Assad, autoritario ma sostanzialmente rispettoso del pluralismo religioso, continuando invece ad appoggiare Paesi integralisti come l’Arabia Saudita, grandi fornitori di armi al fondamentalismo islamico. E riserve simili possono essere avanzate per la Turchia che non mostra di voler combattere a fondo l’Isis nel timore di attizzare il nazionalismo curdo. Due pesi e due misure: Siria ed Iraq sul banco degli imputati; perennemente assolta invece l’Arabia, fomentatrice di qualsiasi pulsione teocratica in Medio Oriente.

In queste condizioni, il rischio per le comunità cristiane è enorme. Significa la possibile estinzione di una presenza che – lo abbiamo visto per decenni in Palestina nei confronti di Israele – ha sempre avuto un ruolo di stabilizzazione sociale e di positivo stimolo verso una miglior convivenza civile. E’ tempo dunque di agire e a comprendere la gravità della situazione per ora è stata solo la Russia che in pochi mesi ha bloccato l’espansione Isis che pareva inarrestabile. Colpisce invece l’inerzia americana, quasi un contrappasso rispetto agli eccessi dei tempi di Bush, e ancor di risulta incomprensibile la pervicacia occidentale, francese in particolare, di porre come precondizione di qualsiasi intervento l’uscita di scena di Assad. Forse non si è ancora capito che i tanto decantati oppositori a quel regime (certo ben lontano da qualsiasi compiuta democrazia), sono per lo più fazioni islamiche tra le quali si mescola il peggior fondamentalismo. Il fatto è che in Medio Oriente non ci sono molte alternative: la scelta è tra una dittatura nazionalista, tendenzialmente laica, come lo era quella di Saddam e lo è quella di Assad, e un totalitarismo islamico come quello in gran parte uscito dalle primavere arabe. Oltretutto la Siria non è la Tunisia. Non c’è una rivolta popolare nel segno della giustizia sociale ma la volontà, in larga parte degli oppositori al regime di Assad, di instaurare una teocrazia assoluta fondata sull’Islam.

Nell’universo islamico – ben lo sappiamo – non esiste separazione tra la sfera politica e quella religiosa. Il legame religioso prevale su quello di cittadinanza, così uno straniero musulmano è più considerato di un connazionale cristiano. Come aiutare dunque i cristiani d’Oriente? L’Europa deve sostenere questa vera e propria lotta per la sopravvivenza, aiutando Siria ed Iraq a trovare stabilità, intercettando nel contempo gli enormi flussi di armi che giungono verso i gruppi islamici, chiarendo una buona volta l’ambiguo ruolo di Arabia e Turchia che stanno soffiando sul fuoco dell’integralismo. Occorre una risoluzione Onu per il ritorno dei profughi a Damasco e a Baghdad. Altrimenti tra breve certificheremo la distruzione della presenza cristiana da questi luoghi che, non sembri un paradosso, significherà anche il suicidio dell’Islam, poiché tutto sarà inglobato in una pericolosa galassia fondamentalista, senza alcuna altra voce dissonante. Un rischio per la convivenza e la pace, non solo in Medio Oriente.

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