Grecia, da problema a opportunità per una nuova Europa

Il 5 luglio scorso è successo un evento che per importanza è paragonabile solo al crollo del muro di Berlino. Il “dogma” mercatista e tecnocratico, l’ultima dittatura rimasta in Europa dopo la fine del comunismo, è stato sconfitto, al di là del risultato netto, da una grande prova di democrazia dell’intero popolo greco. Insieme ad esso è stato sconfitto il populismo antieuropeo che si alimenta dello scontento generato dalla crisi, perché si è dimostrato che l’Europa è riformabile, la si può ricostruire in modo più conforme alla solidarietà, alla giustizia sociale e alla democrazia, secondo il progetto dei padri fondatori nei quali vi erano molti cattolici, e superando le assurde e disumane politiche di austerità.

Di qui può partire un nuovo percorso volto a ripensare, come invocato da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’, «quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo» «per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale» (§ 189).
Ciò vale per la ricerca di un accordo equo che consenta alla piccola Grecia di rimanere nell’Eurozona, e che non può prescindere da un condono del suo debito nella misura da renderlo sostenibile, ma vale ancor di più per l’avvio di un nuovo accordo fra tutti i Paesi europei che sancisca la fine dell’austerità, la ristrutturazione del debito dei grandi Paesi del mezzogiorno europeo, Italia, Francia, Spagna.
Il superamento delle politiche di austerità non costituisce solo una necessità vitale per l’Europa. È il resto del mondo a chiedercelo, per evitare che il dissesto finanziario del Paese ellenico, attraverso il gioco spericolato dei derivati (che non sono ancora stati banditi dalla faccia della terra) contagi l’intero sistema finanziario internazionale. Qualsiasi impuntatura che pregiudichi un accordo rischia di avere effetti che vanno ben oltre la Grecia.

Il nostro Paese deve ambire ad esercitare un ruolo da protagonista in questo cambiamento e saper cogliere questa grande opportunità storica che si è dischiusa in seguito al referendum greco. Nella politica italiana le voci critiche dell’austerità stanno prendendo il sopravvento. Ciò è positivo. Ma il vero banco di prova sarà costituito dalle scelte concrete, come l’abolizione del pareggio di bilancio dalla Costituzione, ed a partire dalla prossima legge di stabilità. In essa si dovranno trovare nel contempo massicci investimenti per il lavoro e lo sviluppo, nuove risorse per il welfare, in modo da consentire, fra l’altro, l’introduzione di una misura universale per la lotta alla povertà ed un significativo sgravio fiscale per lavoratori e famiglie . Queste sono le condizioni per uscire dalla recessione, per rianimare la domanda interna da cui passa la ripresa. Si tratta con tutta evidenza di misure impraticabili a priori a causa delle attuali regole europee. Quindi non basterà fare una finanziaria orientata allo sviluppo ma occorrerà una inedita determinazione nel difenderne l’impianto dal vaglio europeo.
Anche per il nostro Paese il grande tema che si pone è: quanto coraggio siamo disposti a rischiare per contribuire a dare una spallata all’austerità, che rimpingua i ricchi ed i più forti con ciò che toglie di bocca ai lavoratori ed alle classi medie impoverite, e fa aumentare esponenzialmente i poveri? Eludere questa domanda significa lavorare contro l’Europa, lasciare terreno fertile al radicarsi di quei populismi che non sanno dare risposte.

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