Per un 25 aprile di liberazione e di pace

 Non si sarebbe mai potuto pensare quasi settant’anni fa quando l’Italia liberata dal nazi-fascismo poneva le basi per la democrazia e per una Repubblica fondata sul lavoro e impegnata a ripudiare la guerra, che il 25 aprile del 2014 sarebbe nuovamente stato per la liberazione e per la pace.

Ma a ben vedere oggi le cose stanno proprio così. In molti hanno affermato che l’Italia, dopo sette anni di crisi, si trova devastata come se fosse uscita da una nuova guerra. Il Paese ha di nuovo bisogno di essere liberato. Questa volta dai lacci di una finanza speculativa internazionale che negli ultimi vent’anni ha messo le mani sulle nostre migliori aziende, sui nostri brevetti, ma soprattutto ha limitato l’autonomia finanziaria del Paese, rendendolo schiavo delle grandi banche d’affari e delle loro agenzie di rating. L’Europa ci ha messo del suo perché anziché regolamentare le attività finanziarie, responsabilizzare gli speculatori, chiamandoli in prima persona a rispondere ed a ripianare i disastri che hanno prodotto, separare le banche commerciali dalle banche d’affari a tutela del risparmio e dello sviluppo territoriale, ha puntato tutto sull’austerità per imbrigliare l’inflazione ma in questo modo ha finito con l’imbrigliare l’economia della zona Euro conducendola pericolosamente vicino alla palude della deflazione. Sul lavoro sono stati scaricati gli oneri della rigida politica monetaria della Bce che, in questi anni, ha pensato soprattutto a tutelare le banche, ed attraverso queste, quei fondi speculativi che hanno infarcito i bilanci degli istituti di credito di titoli spazzatura. In questo modo ha potuto instaurarsi un meccanismo di tipo coloniale attraverso cui con la riduzione dei salari, la precarizzazione del lavoro, i tagli allo stato sociale, una sproporzionata imposizione fiscale si producono esagerati guadagni per le grandi banche d’affari, anziché politiche per il lavoro, per lo sviluppo e per migliorare i servizi pubblici.

Per questo l’Italia, insieme a quella preziosa costruzione costituita dall’Unione Europea, ha bisogno di essere liberata dai tentacoli della finanziarizzazione dell’economia per essere rifondata sul primato del lavoro e sulla centralità della persona.

In questo 25 aprile si fa sentire forte anche il tema della pace. Perché il mondo attuale è meno sicuro, stanno tramontando gli equilibri instauratisi nel XX secolo. La storia non è finita, ed al mondo non vi è né un pensiero unico, né una unica super-potenza, ma ci dobbiamo preparare a fare i conti con il punto di vista degli altri. L’Occidente non è più il crocevia di tutti i giochi mondiali e lo sarà sempre di meno alla fine di questa gigantesca crisi finanziaria.

Gli Stati Uniti aumentano le spese militari e, dal loro punto di vista, non capiscono perché l’Europa non faccia altrettanto. Barack Obama, nel suo recente tour a Roma ed in Europa, ha ricordato ai governi europei che “la libertà ha un costo”. Il Sipri, l’istituto indipendente di Stoccolma ha calcolato che l’Italia nel 2013 ha speso 32 miliardi di dollari in spese militari. Non pare affatto poco.

E qui entra in gioco l’altro grande cambiamento, che è alle origini delle tensioni che si registrano attualmente tra Europa e Stati Uniti sull’Ucraina e sulla politica verso la Russia, e sull’incombente trattato di libero scambio, il TTIP (Partenariato Trans-Atlantico per il commercio e gli investimenti). Dopo la scomparsa della cortina di ferro sono cadute molte barriere in Europa e la geopolitica del Vecchio Continente ha ripreso il suo corso normale e “naturale”, solo interrotto dalle due guerre mondiali e dalla dissoluzione della Jugoslavia. L’unità del nostro continente sta marciando molto velocemente. Dopo la fine del comunismo non ci sono più ragioni oggettive che possano fermare l’avvicinamento tra l’Ovest e l’Est. Solo eventi imprevedibili di sconvolgente violenza potrebbero interrompere questo processo che è nell’ordine delle cose. Ed a perderci sarebbe solamente l’Europa, perché sarebbe il teatro di un conflitto di grandi proporzioni.

L’Unione Europea, si trova oggi di fronte ad un bivio. È costretta a scegliere se blindare le sue frontiere orientali, correndo il rischio far sprofondare l’Ucraina nella guerra civile, e nel contempo aderire al trattato di libero scambio trans-atlantico fatto su misura degli interessi delle grandi corporation a scapito della sicurezza alimentare, della salute dei consumatori, dell’ambiente, oppure se marcare una distinzione dagli Stati Uniti sulla crisi ucraina, costruendo una vera politica europea comune capace di rispettare la caratteristica dell’Ucraina di essere una naturale cerniera tra l’Unione Europea e la Russia e che come tale deve rimanere neutrale per testimoniare il comune destino fra l’Est e l’Ovest del Vecchio Continente.

L’Europa non ha bisogno di un nemico. L’Italia lo deve sostenere a Bruxelles ed in sede Nato. Dobbiamo quantomeno porci il problema di come ed a quali condizioni il nostro Paese sta nella Nato, in modo che sia chiaramente compatibile con la nostra Costituzione. Se non vogliamo nei fatti ripudiare la nostra Costituzione, anziché la guerra, dobbiamo affermarlo con azioni politiche coerenti. E uno dei problemi oggi, da chiarire con gli alleati è il fatto che sussista o meno un pericolo alle frontiere orientali dell’Europa. Il 25 aprile ci dia le motivazioni per continuare a lottare per la liberazione e per la pace nel complicato scenario attuale.

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