70 anni fa il codice di Camaldoli. Ma i cattolici oggi ci sono?

Sergio Paronetto (1911-1945)

Sergio Paronetto (1911-1945)

Ricorreva l’anno 1943 quando in luglio un nutrito gruppo di intellettuali cattolici antifascisti, in particolare dell’ala sociale, si ritrovarono a Camaldoli; De Gasperi, Moro, Saraceno, La Pira, Vanoni, Fanfani ed altri misero a punto le linee programmatiche per la ricostruzione del Paese ispirando anche la Costituzione che verrà. In quel tempo buio, uomini profetici pensavano oltre la disperazione della guerra e della povertà. Il Codice di Camaldoli in questi anni è stato spesso evocato nella consapevolezza che, pur con le dovute differenze, la grave situazione culturale, politica ed economica in cui versa il Paese necessita di una ridefinizione valoriale e programmatica dei cattolici impegnati in politica, da più parti sollecitati ad un maggiore protagonismo. Ma il protagonismo c’è se ci sono idee suggerite da ardenti e coraggiosi spiriti liberi e profetici se no, no. Papa Francesco ha iniziato un’opera di rinnovamento della Chiesa per spogliarla dai superflui orpelli che vanificano la semplice lucentezza del messaggio evangelico, sollecitando tutti a liberarsi dai ceppi dell’io per entrare nell’altruismo del noi. L’Italia langue, tutti i nodi disattesi sono venuti al pettine e urgono idee nuove per uscire da questa palude che soffoca la speranza. Le tante sofferenze, in particolare dei senza lavoro, invocano cambiamenti.

I cattolici ci sono? Qualche tentativo è stato fatto con l’esperienza di Todi rivelatasi però un flop a causa dei personalismi e soprattutto perché scaduta subito nella corrida politica; lo svolgimento del tema non c’è stato passando subito alle conclusioni e collocazioni nello scenario esistente. Deludente e insufficiente. Mentre nell’immediato si cerca di turare le falle del Paese per evitare l’affondamento, urge iniziare un fecondo lavoro di messa a fuoco di valori e idee che alimentino l’entusiasmo del mettersi in mare e istruiscano le azioni. Il modello di barche e vele necessarie per l’impresa son poi conseguenti. Tanto c’è da dire e fare, gli argomenti non mancano: temi antropologici ed etici, nuovi diritti e doveri di cittadinanza, il ruolo dell’Europa e della sua moneta, riforma delle istituzioni, nuovi modelli di partecipazione democratica e forma dei partiti, sviluppo eco-sostenibile, la riorganizzazione del sistema lavoro e dei suo costi, rapporto tra finanza ed economia reale, la burocrazia, la giustizia, la contribuzione fiscale e nuovi modelli di Welfare sono solo titoli di complesse ridefinizioni che richiedono l’impegno di scienze e coscienze.

Questioni profonde che non possono esaurirsi in qualche breve workshop ma che richiedono un lungo articolato impegno di cuori e menti che non abbiano a mente sondaggi e scadenze elettorali ma le future generazioni che interpellano il presente. Il mondo che oggi abbiamo è preso in prestito dal futuro, non dal passato. Questo è il compito da svolgere in un tempo che ha abbattuto i confini geopolitici e culturali del ‘900 e che ora richiede la ricodificazione di un nuovo Dna antropologico e statuto sociale e quindi di una nuova grammatica politica. Doveri faticosi ma anche entusiasmanti ci provocano. Se è vero che questo modello di società reca l’impronta dell’ispirazione cattolica, è una responsabilità che a tutti tocca ed in particolare credo interpelli il cattolicesimo democratico che di quell’area sociale è discendente. D’altronde, si può continuare così rischiando di tirare le cuoia? Osare è meglio che tirare a campare.

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