Amore, convivenza, famiglia: non sottomettere la realtà alle ideologie

La questione dell’amore e del suo riconoscimento è un punto difficile, a volte problematico e sofferto, non solo per il suo significato antropologico, ma anche di termini. Questo sentimento così intenso verso una persona tanto da concretizzarsi in un rapporto stabile, è stato via via svuotato della sua influenza nel far diventare una sola persona, che oggi si preferisce parlare di legame affettivo, di relazione tra sessi, di unioni di fatto accettando nell’uso di queste termine un suo significato limitante. Anche la famiglia, viene presentata più come conseguenza di una scelta religiosa che come assunzione di una responsabilità pubblica derivante da questo tipo di amore.

Dare significato a queste unioni anziché cercarne il valore, sembra essere questa la questione. Voler dare significato per sottomettere la realtà alle idee, a culture e a ideologie, se ce ne sono ancora, anziché cercare di schiuderla perché possa emergere nella sua parte interiore.

Ho sempre pensato che la via d’uscita non consiste nel cambiamento dei principi morali o imponendo in maniera univoca e uniforme modelli di convivenza, ma che sia invece necessario cercare i significati sempre nuovi che stanno a monte dell’amore che unisce. Certo per me, cattolico, questo amore trova la sua concretezza nell’”amore coniugale” e nella fecondità della famiglia, un amore con le caratteristiche dell’amore di Dio tanto da essere innalzato da Cristo a sacramento.

Questa mia scelta però non mi impedisce di misurarmi e guardare con fiducia ad altre forme di relazione e di convivenza che innestano il loro fulcro su questa dimensione dell’uomo, creato per amare e per essere amato. Uno sguardo che vuole essere accogliente per non “lasciarsi dominare dal panico da accerchiamento e da recriminazioni senza frutto”, che va in profondità perché sa che l’amore è una realtà dinamica orientata verso l’altro. “La persona non è mai un’isola, ma è sempre un essere in relazione. Se l’insieme delle relazioni tra le persone prende il nome di società, proprio la famiglia ne è la prima ed essenziale specificazione”.

In questa dimensione relazionale proiettata verso l’altro non possiamo nasconderci che la famiglia continua a rappresentare il primo luogo dove ci si avvicina in modo definitivo e chiaro a questo altro attraverso un rapporto stabile e durato, di maturazione e di apertura anche verso altri. Troppo sbrigativamente forme di convivenza sono state equiparate alla famiglia perché abituati a trattare le cose per settori o per singoli aspetti. Questa unità di anima e corpo sostenuta dall’amore ha una sua specifica identità pubblica e sociale, un suo significato nell’ambito dell’amore, una complessità che non può essere parcellizzata nel tentativo di attribuirne il termine a nuovi modelli relazionali.

Porre sullo stesso piano famiglia e altri modelli di convivenza o di unione tra persone vorrebbe dire dare significato a scelte e comportamenti che sebbene si fondino sull’amore non chiedono un loro riconoscimento giuridico equiparabile a quello che viene dato attraverso il matrimonio.

Sono invece da riconoscere partendo dalla caratteristica di questo rapporto di comunione d’amore e di vita che è di totale apertura e fiducia verso l’altro, i diritti conseguenti a questa condizione di vita.

A fianco di questa indispensabile attenzione è altresì necessario assumere con massima disponibilità di pensiero la sfida che l’amore pone alle persone. Per quanti hanno scelto come forma concreta la via della convivenza credo che “compito del legislatore dovrà essere rivolto alla ricerca di una mediazione che sia il frutto di un costante tentativo di giungere alle scelte e perciò alle deliberazioni sociali e politiche migliori per tutti, a fronte di un’evoluzione sociale e culturale che ha prodotto mutamenti anche nella famiglia”. Come sarà necessario “nel momento in cui si chiede l’autorizzazione al riconoscimento pubblico a sottoporsi al giudizio sulla loro rilevanza sociale e civile, in riferimento cioè al bene comune”.

Per chi già ora ha scelto di essere società naturale fondata sul matrimonio, religioso o civile, assumendo pubblicamente e formalmente impegni e responsabilità di rilevanza per la società, dovrà trovare nelle istituzioni e nei suoi livelli intermedi politiche rispettose del ruolo della famiglia e misure realmente efficaci in ordine alla promozione della famiglia. Non interventi una tantum, in sé utili ma incapaci di garantire nel tempo le necessità delle persone, ma interventi strutturali in favore delle famiglie.

In questa direzione il recente Piano nazionale del governo per la famiglia dovrà costituire la linea guida per lo sviluppo di politiche specificamente rivolte alla famiglia insieme ad adeguate risorse economiche congiunte a politiche fiscali che sostenere gli interventi indicati e auspicati dal piano.

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