Guido Bodrato, protagonista del cattolicesimo democratico

Guido Bodrato, scomparso nei giorni scorsi, due mesi dopo aver festeggiato il novantesimo compleanno, è stato un grande protagonista del cattolicesimo democratico italiano ed europeo. Dalla sua intensa vita politica – deputato Dc per sette legislature, ministro, in diversi governi, e in ultimo, a cavallo del Duemila, europarlamentare a Strasburgo – si evidenzia una lineare traiettoria nel solco del popolarismo di ispirazione cristiana.

Un lungo tragitto nel quale, al di là delle molteplici circostanze legate alla contingenza della politica, sono riconoscibili alcuni punti fermi. Veri e propri cardini che hanno accompagnato il suo percorso politico e culturale.

Primo tra tutti la centralità del Parlamento, emblema stesso della democrazia contro qualsiasi tentazione autoritaria. Un Parlamento che non solo deve essere centrale negli assetti istituzionali – niente presidenzialismo, tanto per capirci – ma anche risultare effettivamente rappresentativo della pluralità delle idee, degli interessi e delle opinioni presenti nella società. E allora nessuna scorciatoia maggioritaria con i collegi uninominali, tipico retaggio dei notabili. Alla ristretta cerchia di iniziati, va contrapposto un sistema proporzionale per sua natura autentica espressione della realtà politica.

La politica deve infatti nascere dal basso, valorizzare i corpi intermedi, partire dai territori. Di conseguenza, ecco la necessità delle preferenze come momento di libera scelta da parte dei cittadini, e ancor più come legame tra eletti ed elettori. Va quindi posta massima attenzione ad una reale rappresentatività del Parlamento, un requisito troppo spesso sacrificato sull’altare di una governabilità elevata a valore assoluto.

Certo, la stabilità dei governi è un dato da non trascurare e in qualche modo va conseguita, non però attraverso astratte operazioni di ingegneria costituzionale bensì affidandosi a progetti condivisi tra le diverse forze politiche, seguendo la politica delle alleanze e qui si innesta il secondo punto chiave della visione di Bodrato: il ruolo dei partiti. Partiti in quanto sedi di elaborazione politica, di confronto e discussione, non luoghi dove si seguono supinamente le direttive dell’uomo solo al comando o di qualche suo capo bastone. Da qui l’ovvia repulsione per le famigerate liste bloccate che tanto piacciono agli pseudo leader di oggi.

Due altri elementi completavano l’orizzonte politico di Bodrato: l’economia sociale di mercato come contraltare al liberismo selvaggio, che lasciato a se stante non può che produrre storture ed ineguaglianze, e l’integrazione europea come unico efficace antidoto per cancellare per sempre i feroci nazionalismi che condussero a due guerre mondiali.

Amava sottolineare che se le democrazie cristiane – al plurale perché il riferimento andava alla famiglia politica europea – non fossero esistite sarebbe stato necessario inventarle, perché furono proprio gli uomini di cultura democratico cristiana a risollevare il vecchio continente dalle macerie prodotte dal totalitarismo nazifascista.

Questa concezione della vita politica ha animato tutto il suo impegno pubblico, militando nella sinistra democristiana, l’ala sociale dello scudo crociato, l’anima più autenticamente popolare del partito. La sua cultura affondava le radici nel personalismo dei filosofi francesi Jacques Maritain ed Emmanuel Mounier, con la centralità e la dignità della persona poste ad irriducibile fondamento della vita politica, economica e sociale. Ne derivava un riformismo orientato a sinistra, non tanto come significato ideologico quanto piuttosto in termini sociali, volto cioè a promuovere le ragioni e gli interessi dei ceti subalterni, per inserirli sempre più nella vita pubblica e costruire una democrazia davvero inclusiva e compiuta.

Una visione che mai avrebbe potuto scendere a patti con la destra. E a questo proposito gli capitò di ricordare il grave errore della Dc cilena di Eduardo Frei che nel 1973 puntò sulla caduta di Salvador Allende svoltando a destra, e finendo per pentirsi amaramente della scelta, con una giunta militare ormai padrona di tutto. Quando il centro va a destra perde la sua natura: una lezione da non dimenticare. Specie oggi che una ventata reazionaria sembra fare proseliti un po’ ovunque.

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