Elezioni come occasione di esercizio di responsabilità

Le elezioni anticipate del prossimo 25 settembre impongono una tempistica serrata. Siamo nel momento della compilazione delle liste, della formazione delle alleanze in funzione non solo delle affinità politiche ma anche delle caratteristiche della legge elettorale. A cui seguirà una campagna elettorale più breve e condizionata da quanto potrà succedere sul piano sociale ed in campo internazionale. È auspicabile che le forze politiche sappiano cogliere entrambe le occasioni, candidature e campagna elettorale, come occasione per discutere e rispondere alle molteplici criticità della fase attuale, prima che il prossimo autunno detti le sue dure priorità. Con liste rappresentative della realtà dei ceti sociali intermedi, con programmi adeguati alle sfide che incombono, e possibilmente distinti dalla propaganda. Perché, come ci ha ricordato il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei, per la politica questa è l’ora dei doveri e delle responsabilità.

A cominciare dalla responsabilità verso coloro che più soffrono a causa delle crisi in corso. Dalla consapevolezza che gli effetti della guerra in Ucraina, di talune scelte inerenti la transizione energetica, delle passate restrizioni a causa della pandemia, dell’iperinflazione che ne è scaturita dai suddetti e da altri fattori, non colpiscono le persone allo stesso modo. Per fare un solo esempio: l’aumento consistente e repentino dei prezzi dei generi di prima necessità assorbe gran parte del bilancio delle famiglie popolari. Mentre incide solo marginalmente sulle fasce di reddito medio alte. Se non si prendono provvedimenti adeguati (non solo bonus e mance ma politiche energetiche di ampio respiro, nazionalizzazioni laddove occorre), il prossimo inverno molti cittadini dovranno scegliere se mangiare o riscaldarsi, se vestirsi o curarsi. Non elemosine ma politiche serie e adeguate a quanto i tempi richiedono, che si possano trasformare in un formidabile investimento per lo sviluppo economico e per la stabilità sociale.

In particolare in questa fase occorre riscoprire, nel solco tracciato da Enrico Mattei, lo stretto legame che intercorre tra energia e giustizia sociale, sia fra le classi sociali che fra i popoli. Sotto questo profilo bisogna riconoscere che l’Italia c’è. La geopolitica e la storia, soprattutto quella del XX secolo, determinano la cornice entro la quale adesso l’Italia può muoversi. La fitta agenda di relazioni intessuta dal governo con diversi importanti stati africani produttori di energia, costituisce la risposta decisa e concreta alla crisi delle forniture energetiche russe. Nella prossima legislatura occorrerà portare avanti questa agenda, dalle enormi ricadute sul piano europeo, ponendo attenzione sia al fatto che questa nuova ricchezza dovrà essere a beneficio di tutti, a cominciare dagli strati più deboli della popolazione, sia al fatto che i frutti del medesimo interscambio si trasformino in un volano di sviluppo per Algeria, Libia, Egitto, Mozambico, Angola, Congo e tutti quei Paesi con cui l’Italia ha siglato grandi intese energetiche. E sin d’ora – quale migliore occasione della campagna elettorale? – iniziare a spiegare ai cittadini che cosa richiede questo percorso in termini di rinunce e di sacrifici, ma anche di tangibili nuove opportunità in tempi non biblici, tre o quattro anni al massimo, se tutto va bene e sempre che la guerra cessi anziché estendersi.

Inoltre, va fatto ogni sforzo affinché un altro grande filone di dibattito nel confronto elettorale sia costituito dal come governare l’impatto delle tecnologie digitali sulla vita delle persone, nel lavoro e nella pubblica amministrazione. Si avverte sempre più l’esigenza di definire un codice etico a cui ispirare le scelte in ordine all’introduzione delle nuove tecnologie in svariati campi, mantenendo sempre la distinzione fra lo strumento, che può variare in relazione all’avanzamento scientifico e tecnologico, e il fine, che invece rimane, e deve rimanere nonostante le pressioni transumanistiche, sempre lo stesso, l’Uomo e i suoi diritti inalienabili.

Il tutto con l’umiltà, che poi non è altro che realismo, di sapere che al di fuori di questo dibattito che possono intrattenere i vari attori pubblici, c’è un mondo, forse anche superiore nei numeri, che per svariati motivi non ha ancora deciso se confermare l’appuntamento con le urne. Forse non tutti potranno esser convinti a tornare al voto ma già muovere dalla consapevolezza che è questo il principale lavoro da fare, perché quello dell’astensione potrebbe risultare ancora, come già successo nel voto delle grandi città, il principale partito, può aiutare senz’altro allo scopo.

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