Europa e migranti: we care?

I Care, il motto di Don Milani sia quello dell’Europa ha auspicato la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen in occasione della recente festa. Parole impegnative perché, per non risultare di circostanza, richiedono fatti coerenti. E la storia bussa immediatamente. Sono ripresi i massicci salvataggi di migranti in mare e quindi ricoverati nei nostri centri di accoglienza che sono già allo stremo. Ancora una volta la campana suona per l’Europa perché è chiaro che da sola l’Italia non può fronteggiare questa emergenza.

Ylva Johansson, commissario europeo agli affari interni.

Il ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha chiesto prontamente di attivare con emergenza “un meccanismo temporaneo” di ricollocamento tra gli stati disponibili. Una sorta di ‘Malta bis’ che coinvolga chi ci sta, come avvenuto nel settembre del 2019, per un accordo di redistribuzione – temporaneo e su base volontaria – dei migranti soccorsi, in modo da evitare che il peso ricada solo sul nostro paese. I nuovi sbarchi erano prevedibili e non giustificano alcuna sorpresa mentre purtroppo segnalano ancora il grave ritardo della politica europea. All’aumento delle traversate corrisponde un incremento dei naufragi, dall’inizio anno a oggi sono circa tredicimila le persone approdate e i morti sarebbero più di cinquecento. Un drammatico bilancio che cresce continuamente. Troppo a rilento va il progetto sul nuovo Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo, promosso dalla Commissione Europea. I populismi sovranisti fanno rullare i tamburi mettendo in difficoltà le nostre convivenze civili. Le posizioni egoiste e inconcilianti dei paesi del Nord e dell’Est pongono in seria difficoltà l’unità e l’Italia in primis.

Occorre una scossa di responsabilità umana e politica. Ancora una volta urge rimarcare la rilevanza di questa prova per il futuro dell’Unione. Al prossimo Consiglio europeo di fine maggio, il nostro premier dovrà esprimere tutta la sua autorevolezza ponendo con fermezza sul tavolo dei negoziati le ragioni pratiche e solidali che convengono a tutti, onde poi evitare di evidenziare ulteriormente la debolezza sulla frontiera mediterranea. Solo insieme è possibile reggere l’immane urto dei flussi rivenienti da paesi poveri politicamente destabilizzati e gestire efficacemente il difficile rapporto con l’alleato turco che usa il fenomeno per ricattare l’Europa. Certo non aiuta il difficile momento pandemico e l’uscita di scena della leader tedesca Angela Merkel. Eppure dovremmo aver imparato che dinanzi a fenomeni sovrannazionali la soluzione non può che essere solidale. Per governare i flussi migratori – ha spiegato il ministro Lamorgese ad Avvenire – serve una logica di partenariato che sappia comprendere, nello stesso pacchetto, progetti di sviluppo, azioni contro il traffico d’esseri umani e garanzie per il rispetto dei diritti umani dei migranti. Non ci si salva da soli, occorre superare il proprio particulare. O così, oppure il tribunale della storia chiamerà in causa tutti, e con l’aggravante delle migliaia di vite finite in fondo al mare. Che la pietà non ci rimanga in tasca.

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