L’economia di Francesco per costruire il futuro

Non è accettabile, né sostenibile, un’economia in cui il mercato e il potere politico permettono a individui e imprese privilegiate di “estrarre” una grande quantità di rendita da tutti gli altri. Si potrebbe riassumere così, insieme all’economista Stefano Zamagni, lo scopo dell’evento internazionale “Economy of Francesco”, svoltosi lo scorso novembre, e voluto da Papa Francesco, con protagonisti giovani economisti ed imprenditori di 115 Paesi del mondo che hanno partecipato on line a conferenze e dibattiti. Non un punto di arrivo bensì una spinta iniziale di un processo che ambisce a umanizzare l’economia a partire da un chiaro giudizio sulle gravi contraddizioni che attraversano l’economia.

La richiesta del Papa di uno sviluppo più umano e inclusivo sembra esser quantomeno ignorata, se si pensa che i grandi colossi dell’informatica (come Google, Facebook, Amazon e altri), e quelli dell’alta finanza continuano a fare profitti, a prescindere dalle regole fiscali e dagli Stati e dalla sostenibilità sociale ed ambientale. Quando non addirittura si verifica un processo all’incontrario: anziché la redistribuzione della ricchezza dalle enormi concentrazioni che si sono create, si assiste a un grande riavvio dell’economia che mira a togliere ciò che possiede, a chi ha poco o nulla per trasferirlo a chi è già ultraricco. Ma proprio per questi motivi si tratta di una richiesta giustificata e attuale.

La storia della ricostruzione del dopoguerra ci ha insegnato che le ragioni dello sviluppo e dell’economia si potevano coniugare con quelle della democrazia e della giustizia sociale, solo se i monopoli naturali rimanevano in mani pubbliche e se le grandi concentrazioni di allora, che erano quelle terriere e industriali, venivano segmentate, favorendo la piccola proprietà privata e la creazione di una robusta ed estesa classe media. Ora, invece tutto ciò è stato rimesso in discussione: la classe media sta crollando, tutti i principali monopoli naturali sono stati privatizzati (acqua, energia, autostrade, ecc.) e si sono creati nuovi enormi monopoli come quelli dei dati e sulle tecnologie e piattaforme digitali.

Di fronte a questo da Assisi arriva un forte appello a far sì che l’innovazione venga orientata al bene. Nel videomessaggio a conclusione dell’evento mondiale Papa Francesco ha ribadito che la misura dell’umanità “deve incarnarsi anche nelle nostre decisioni e nei modelli economici”. Vanno dunque trovati contrappesi politici, istituzionali, legali per evitare che sempre più pochi diventino sempre più ricchi e sempre più tanti diventino sempre più poveri. Una tendenza che l’emergenza pandemica ha accelerato. Bisogna mettere un freno alle crescenti, inaudite disuguaglianze prima che queste ultime travolgano la sostenibilità sociale, economica, ambientale e democratica delle nostre società.

Il Papa ha chiesto, soprattutto ai giovani partecipanti e collegati con Assisi, di ricordarsi dei limiti dell’eredità “dell’illuminismo, delle élites illuminate. Tutto per il popolo, niente con il popolo. E questo non va. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro. E da loro impariamo a far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti”.

Sentirsi popolo prima di tutto, non apparato, un limite che spesso si riscontra anche nei corpi intermedi e che può inceppare la capacità di rappresentanza dei ceti popolari e lavoratori. Perché, ha ricordato il Pontefice, “il sogno di Dio (è) che impariamo a farci carico del fratello, e del fratello più vulnerabile”. Un messaggio che appare molto controcorrente, ma proprio per questo quantomai attuale e ineludibile, se si vuole intervenire per disinnescare i grossi rischi di generale impoverimento, di scarsità di cibo e dei beni e servizi di prima necessità, anche in comunità considerate finora “ricche”, che stanno colpendo massicciamente i danneggiati dalla doppia crisi pandemica ed economica a fronte di un intollerabile accrescimento delle ricchezze per i pochissimi che da queste crisi ci stanno guadagnando, mettendo così a rischio la stabilità sociale e democratica.

Un duro cammino ci attende. Ma l’Economia di Francesco, del santo di Assisi ci spinge ad osare, ricorda il Papa, per “favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità”. L’evento di Assisi è stato molto più di un “rumore” superficiale e passeggero. Siamo chiamati – è il compito che il Papa ha affidato a ciascuno di noi – “a incidere concretamente”. Ricordandoci che non possiamo rimanere fuori dai luoghi in cui si genera il presente e il futuro. Con il secco, ma paterno avvertimento che: “O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”. Non lasciamoci “asfaltare” dagli avvenimenti, anche quando diventano impetuosi, ma cerchiamo sempre di governarli secondo criteri di giustizia e sempre aperti alla speranza di un mondo migliore oltre questi burrascosi anni che ci attendono.

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