AC_DC

Tutto uguale e nulla sarà più come prima.

Mi riferisco al Covid, come fa anche il titolo.

Se per la maggior parte delle persone AC/DC fa pensare ad avanti Cristo e dopo Cristo, ed a una minima parte alla band australiana che si rifà alle tipologie di energia elettrica (corrente alternata e corrente continua) a me viene da pensare al periodo ante Covid e al dopo Covid.

Lentamente abbiamo ripreso le nostre abitudini e consuetudini, ma è proprio così? Ma soprattutto lo è per nostra scelta o per costrizione?

Solo qualche giorno fa, mi sono trovato casualmente a guardare un video su youtube di un canale televisivo di guide turistiche delle città, in questo caso su Torino.

Non l’ho visto tutto, durava più di due ore, ma quel poco che ho visto (è stato girato nel 2019), anche se era solo di un anno fa, mi ha mostrato una città diversa, le persone erano diverse ed una città è fatta anche dalle persone che ci vivono e che la vivono.

No, non era per la mascherina, anche se immediatamente viene da pensare a quello. Era per la naturalezza e la spensieratezza di chi finiva nelle inquadrature, perlomeno quella era la percezione.

La mascherina è quello che viene subito in mente pensando alle differenze tra il prima e il dopo, ma per molti di noi il dopo Covid ha rappresentato molto di più: la perdita di una persona cara, la perdita del reddito o del lavoro in cambio dell’angosciante incertezza sul futuro.

Per molti di coloro che hanno continuato a lavorare invece, si è trattato di stravolgere le proprie abitudini, lo smartworking o più semplicemente telelavoro come lo chiamavo quando lo praticavo più di una decina di anni fa, offre come tutte le cose un rovescio della medaglia: dalla comodità di non perdere tempo (e denaro) per recarsi sul luogo di lavoro, all’informalità dell’abbigliamento, di contro, la perdita delle relazioni sociali che possono instaurarsi sul treno alla stessa ora, o i colleghi con cui condividere la pausa pranzo, oltre ad essere costantemente “al lavoro”.

Altri aspetti, sono quelli legati all’ambiente: ci siamo tutti resi conto, ed è innegabile tutto questo, della diminuzione dell’inquinamento durante la quarantena, del reimpossessarsi degli spazi da parte degli animali, di contro, un’infinità di esercizi chiusi, per sempre.

Non tutti sono stati coinvolti allo stesso modo: i ragazzi con le scuole chiuse, hanno non solo l’insegnamento se vogliamo definirlo così, “più blando”, ma hanno anche perso gli spazi di aggregazione che offriva la scuola, così come tutti i luoghi che comportino assembramenti di persone come gli stadi e palazzetti, i teatri ed i cinema.

Non sono queste le cose più importanti, le emergenze sono altre e tra tutte oltre il lavoro, c’è l’emergenza sanitaria. Ora, rimanendo nel piccolo, in Italia, trattandosi di un evento di carattere mondiale, è emersa l’inadeguatezza della nostra struttura sanitaria, tenuta faticosamente a galla solamente grazie all’abnegazione del personale medico e paramedico, anche a costo della vita.

Quello che ci lascia il Dopo Covid quindi non è soltanto un mondo diverso, ma anche peggiore rispetto a quello a cui eravamo abituati prima.

Spetta a noi e alla politica, prendere coscienza della situazione.

Noi per far si che gli slanci di generosità nei confronti del prossimo, la riscoperta delle cose veramente importanti acquisite durante la quarantena non restino degli episodi isolati, e alla politica prendere coscienza che il metro di riferimento, la pietra di paragone da tenere conto nelle scelte, dev’essere l’uomo e non semplicemente un conto economico o una linea di partito.

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