Usa 2016: incredibile, vince Trump!

Donald Trump è diventato il 45° presidente degli Stati Uniti: l’improbabile stavolta è accaduto. Sconfitta invece Hillary Clinton che forse pensava di aver già la Casa Bianca in tasca e vede sfumare sul filo di lana un traguardo tanto, forse troppo, atteso. Vince dunque Trump, il magnate del tutto estraneo alla politica, a dispetto dei pronostici dei media e dei desiderata dell’intero establishment democratico e, persino, repubblicano.

Ed è qui, in fondo, la chiave del suo sorprendente successo: la rivolta della maggioranza silenziosa contro le élite pseudo illuminate. Una rivolta, certo dai caratteri populisti e con forti tinte demagogiche, ma non per questo meno genuina nei suoi contorni. Trump ha rappresentato tutti gli outsider, quelli al di fuori dei circoli e delle conventicole del potere che hanno trovato in lui il loro campione. Semmai è paradossale che il campione degli esclusi, dei senza lavoro, di quelli feriti dalla globalizzazione sia un miliardario che forse non è neppure troppo in regola con il fisco, ovvero con quella solidarietà contributiva che è uno degli elementi della convivenza civile. Ma questo è un po’ il segno dei tempi confusi nei quali stiamo vivendo.

Ci sarà modo più avanti per parlare del programma del magnate, dopo una campagna elettorale fatta più di insulti reciproci che non di attenti confronti sui progetti da offrire al Paese. Adesso è invece il momento di focalizzare la nostra attenzione su quanto è avvenuto in una delle più incredibili giornate della storia delle presidenziali americane. Simile forse simile a quella delle elezioni del 1948, quando il repubblicano Thomas Dewey andò a dormire convinto di aver conquistato la Casa Bianca per poi svegliarsi la mattina dopo e scoprire che Presidente continuava ad essere il democratico Harry Truman.

Trump conquista, come sempre capita ai repubblicani praticamente tutta la miriade di Stati che vanno dagli Appalachi alle Montagne rocciose, più quelli del Sud come Florida ed Alabama. In più aggiungendovi alla collezione, assicurandosi così la presidenza, tre Stati da tempo in quota ai democratici: Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Realtà dove domina la paura dei colletti blu riguardo al proprio futuro e a quello dei propri figli.

La Clinton vince invece sulla costa Atlantica e su quella del Pacifico, mentre nel resto dell’Unione si accaparra soltanto l’Illinois. Una collocazione geografica scarna, che si allontana dall’America profonda, da quello che è il vero cuore del Paese, limitandosi a presidiare le fasce di confine. Davvero troppo poco per una candidata che a un certo punto si era persino illusa di surclassare il rivale.

Trump conquista 279 grandi elettori contro i 228 della Clinton (con 31 delegati ancora da assegnare) e per i prossimi quattro anni sarà, l’inatteso inquilino della Casa Bianca che torna ai repubblicani dopo i due mandati di Barack Obama. Il Great old party si conferma, come era prevedibile, anche forza maggioritaria sia alla Camera (239 seggi contro 192) che al Senato (51 seggi contro 47), mostrando di avere, almeno in questo momento storico, il vento in poppa.

Onore delle armi comunque a Hillary Clinton. Poteva essere la prima donna ad accedere alla presidenza degli Stati Uniti. Si ritrova, dopo una bruciante, ed imprevedibile, disfatta, ad essere soltanto la prima candidata donna alla Casa Bianca. La sua competenza, la sua esperienza, la sua determinazione non sono servite ad aiutarla nel grande balzo, perché Trump, il miliardario populista, vince sorprendendo tutti. Destino un po’ amaro quello di Hillary che certo, almeno per la dedizione alla causa, meritava qualcosa di più.

Eppure, a ben vedere, questo è il bello della democrazia. Si fanno sondaggi, si mobilitano i supporter, si schierano i media, si posizionano i grandi gruppi di pressione ma poi, alla fine di tutto, vota la gente. Quella vera. E’ il voto delle persone resta, ed è bene che sia così, inaccessibile ed impenetrabile fino all’ultimo istante. In questo senso il popolo è davvero sovrano e, in fin dei conti, questa è la sola cosa che conti davvero.

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