Pasqua insanguinata in Sri Lanka

Pasqua insanguinata in Sri Lanka, isola a sud est dell’India: duecentonovanta morti, cinquecento feriti, in ben otto attentati compiuti contro tre chiese e quattro hotel, a Colombo, la capitale, e in altre città di provincia. Una sequela di attentati su cui sta indagando la polizia, senza per ora aver trovato qualche traccia significativa. Un’orrenda carneficina che, ancora una volta, colpisce in primo luogo i cristiani, da tempo nel mirino dell’integralismo religioso.

Nessuno per adesso ha ancora rivendicato l’accaduto anche se la pista islamica pare essere quella più probabile. Per decenni lo Sri Lanka è stato segnato dal separatismo Tamil che voleva creare uno Stato indipendente rispetto alla maggioranza cingalese. Il conflitto è terminato da dieci anni ma potrebbe esservi un improvviso risveglio. Al di là dell’odio per l’umanità in quanto tale che promana da questo gesto, è però evidente che quando si colpiscono le chiese ci trova di fronte all’ennesimo tentativo di intimidire e impaurire i cristiani laddove essi sono minoranza.

Vi è un fondamentalismo che vuole ridurre ai minimi termini la presenza cristiana in alcune regioni; un attacco che non conosce soste e che spesso colpisce, come ieri nel giorno di Pasqua, le comunità di fedeli nei momenti delle più importanti feste religiose. Va peraltro ricordato che questo fondamentalismo colpisce un po’ tutti e infatti centinaia sono, ad esempio, i fedeli musulmani uccisi in molteplici attentati.

Detto questo è comunque indubitabile che, a parte in Europa e in genere in Occidente, dove il cristianesimo è spesso banalizzato, in molte, troppe, altre aree del pianeta, essere cristiani è davvero arduo. Per la fede in Cristo si rischia di morire in ogni istante. Siamo di fronte ad una follia sanguinaria, non dissimile dalle persecuzioni dei primi secoli, da parte di un paganesimo avverso ad una religione “scandalosa” che propagandava, in modo totale, l’amore verso il prossimo e la pari dignità di ogni uomo sulla terra, minacciando di scuotere le basi di una società fondata sulla schiavitù,

Duemila anni dopo, in contesti completamente diversi, torna a galla qualcosa che pare richiamare quella volontà di persecuzione. Eppure non per questo bisogna arrendersi all’evidenza di un integralismo che si trascina una scia di sangue e di morte tra le genti. La volontà di dialogo, di apertura, perenne ed indefessa, in ogni parte del mondo, resta, sempre, la sola condotta possibile per chi si professa cristiano. Una scelta esigente e, purtroppo, ieri come oggi, foriera di rischi.

Va peraltro, ancora una volta ribadito che questo integralismo oltraggia la vera religione, perché nessuna fede è apportatrice di odio e di morte. Questi terroristi usano la fede per i loro scopi e quindi occorre smascherare questa tremenda mistificazione. Per combattere questo fenomeno serve di certo un’azione concertata a livello internazionale, in tutte le sedi a cominciare dall’Onu. E’ una comune battaglia per la sicurezza delle persone e per la convivenza dei popoli. Il terrorismo, di qualsiasi matrice, è un pericolo per tutti e colpisce vittime innocenti ad ogni latitudine. Nessuna reticenza può dunque essere ammessa da chicchessia.

Occorre poi, su un piano, per così dire culturale, difendere al massimo la laicità, separando la sfera religiosa da quella civile. Il che non significa estraneità della religione dalla vita pubblica o relegare la fede a fatto privato, ma capacità di andare al di là delle differenze, di giungere davvero alle radici della nostra comune umanità. Più che mai, si tratta di parlare all’uomo contemporaneo il linguaggio della comprensione reciproca, della convivenza civile e del bene comune. E in questo, si può star certi, i cristiani sono e saranno sempre in prima fila.

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