Cattolici democratici e popolari tra Pd e Centro. Prevalga la proposta
L’avvento di Elly Schlein alla segreteria del Partito Democratico ha offerto nuovi spunti al dibattito sul pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici, in particolare di quei filoni riconducibili al cattolicesimo democratico, sociale e al popolarismo.
Un dibattito che ruota attorno al tema di come comporre le sensibilità della cultura politica cattolico-democratica con il progetto politico della Schlein, che, secondo alcuni, appare caratterizzato più in senso radical-libertario che in continuità con l’anima sociale e popolare della sinistra, mentre secondo altri può esser reso compatibile con la visione della società e dell’uomo del cattolicesimo democratico.
Ritengo sia del tutto fisiologico che al suddetto problema vengano date risposte differenti tra coloro che pensano di poter far valere anche all’interno del Pd attuale le istanze del cattolicesimo democratico e quanti invece, altrettanto legittimamente, ritengono di perseguire una opzione politica diversa, espressamente di ricomposizione di un’area politica di centro, intesa non come una semplice collocazione come posizione di rendita bensì come espressione di autentiche politiche popolari e di sviluppo. In fondo si ripropone pur in un contesto diverso, l’antica differenziazione fra quanti ritenevano possibile politiche socialmente avanzate stando un un partito di centro e quanti, come gli indipendenti di sinistra o i Cristiano Sociali, intendevano lavorare per un simile obiettivo all’interno del più grande partito della sinistra, il Pci, poi Pds, Ds.
La cosa essenziale, a mio avviso, è che alla base di ogni concreta opzione politica si senta il peso della responsabilità della scelta rispetto ai valori e agli interessi in gioco. Nessuna scelta storica è immune da controindicazioni e nel contempo essa può implicare enormi ricadute sulla vita delle persone, sulla forma di governo e sulla prosperità dei popoli. Il recente 75° anniversario delle elezioni politiche del 18 aprile 1948 ce lo ricorda anche in un’epoca assai diversa come quella che stiamo vivendo. Un’epoca, la nostra, che, come ci ricorda Papa Francesco, sembra essere più un cambiamento d’epoca che un’epoca di cambiamenti.
Per queste ragioni credo sia possibile in questa fase dedicare energie non tanto a criticare le scelte altrui, per riportare invece il dibattito fra i cattolici democratici e popolari più sul confronto fra le proposte nei rispettivi partiti di appartenenza, cercando le sinergie possibili nel merito delle questioni.
Le sfide che si presentano sono in parte simili a quelle del passato (la pace, la giustizia fra le persone e le classi sociali, la riduzione delle disuguaglianze, la lotta alla povertà ) e in parte inedite. La difesa della pace, tanto per citare uno dei temi decisivi, esige la costruzione di un nuovo assetto internazionale diverso sia da quello uscito dalla Seconda Guerra Mondiale, sia da quello successivo alla fine della cortina di ferro in Europa. La transizione ecologica e le nuove frontiere della scienza e della tecnica pongono domande antropologiche di fondo che interpellano in forma originale quanti attingono alla storia del popolarismo e all’insegnamento sociale della Chiesa. La questione della lotta alle disuguaglianze e alla povertà si pone in termini inediti sia all’interno dei Paesi più sviluppati che fra le nazioni, con una diffusa richiesta da parte dei Paesi emergenti, dall’Africa, all’Asia all’America Latina di riconoscimento del loro ruolo in base al peso effettivo che questi Paesi hanno ormai assunto sotto molteplici aspetti.
È affrontando le questioni aperte nel contesto attuale, con lo sguardo rivolto al futuro, alla giustizia e alla pace possibili in questo XXI secolo, che si potrà dimostrare nei fatti l’attualità del cattolicesimo democratico e popolare, agendo con coerenza e lungimiranza nella società, nel mondo del lavoro e della cultura e, per chi ha scelto l’impegno politico diretto, nei rispettivi partiti di appartenenza.
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