Davide Mana – Piemontesi ai confini del mondo

Ventidue avventure ai quattro angoli del mondo: dalle vette himalaiane ai deserti africani, dalla banchisa polare alle foreste equatoriali. Storie che hanno come protagonisti ventidue personaggi nati in Piemonte, autori di straordinari viaggi ed esplorazioni nei posti più remoti della Terra.

A presentarci questa carrellata di vicende umane è Davide Mana in ”Piemontesi ai confini del mondo” (Edizioni Savej), avendo cura di accompagnare i singoli episodi con una serie di annotazioni storico-geografiche che ne arricchiscono la trama.

Sfilano davanti a noi personaggi della più varia estrazione sociale: medici e notai, sacerdoti e militari, ma anche nobili decaduti o semplici avventurieri. Gente affascinata dal gusto dell’ignoto che – sfatando la nomea che vuole i piemontesi degli irriducibili “bougianen” – hanno attraversato i cinque continenti partendo da borgate, paesi e città della nostra regione. Suddiviso in capitoli per aree geografiche: Africa, Asia, ecc.., i vari racconti ci riportano in un’epoca – grosso modo a cavallo tra l’Ottocento e i primi del Novecento – quando il percorrere certe distanze e le stesse possibilità di viaggiare erano del tutto diverse da quelle attuali.

Spulciando qua e là nel volume di Mana, incontriamo Bernardino Drovetti che, mollando le scartoffie dello studio del padre, andò in Egitto alla ricerca dei reperti della civiltà dei faraoni, sulla scia delle spedizioni napoleoniche. Assieme a Carlo Vidua contribuì alla nascita di un museo egizio a Torino. E alla corte dei Savoia giunse anche un elefante, relegato nel parco di Stupinigi.

L’astigiano Umberto Cagni, militare di carriera, assieme ad Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, scalò invece il Ruwenzori nel cuore del continente nero, per poi seguire ancora il Duca nella corsa verso il polo Nord. Sulla via di Marco Polo, percorsa però al contrario, da oriente ad occidente, troviamo invece il sacerdote valdostano Giuseppe Capra dopo esser stato a Giava e in Nuova Zelanda. Un altro uomo di Chiesa è il cardinal Guglielmo Massaia, fondatore in Etiopia, ai tempi di Menelik, negli anni della penetrazione italiana e delle battaglie di Dogali ed Adua, di diverse missioni per aiutare la popolazione locale.

Degno di nota il viaggio del biellese Alberto De Agostini nella Terra del Fuoco, mentre il fratello maggiore, rimasto in Italia, fondò in quegli stessi anni l’omonima casa editrice, dedita – e non poteva essere diversamente – agli atlanti e alle cartine geografiche. O anche l’impresa di Marco Cosma Manera che dopo la Grande guerra riportò in Italia, dalla Siberia attraversando mezzo continente asiatico, un migliaio di prigionieri trentini che avevano combattuto per gli Asburgo sul fronte orientale ed erano stati catturati dai russi.

Tanti personaggi, diversi uno dall’altro, ognuno affascinante a modo suo. Molteplici gli aneddoti, innumerevoli le curiosità. A cominciare dal fatto che si scoprono personaggi ai quali nelle nostre città sono dedicate strade e piazze. E dei quali sapevamo poco o nulla.

Dalle rive del Po e dalle nostre Alpi vediamo dunque ventidue uomini, novelli Ulisse della civiltà moderna, che – mossi dalla curiosità, dal coraggio, dall’ambizione o dal semplice gusto della sfida – si sono spinti ai confini del mondo. Uno scorrere di vicende individuali tra passioni, stravaganze e contraddizioni che, molto spesso, finiscono per intrecciarsi con la grande storia.

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