Laudato sì Francesco
Morto un Papa se ne fa un altro. Questa frase, talmente concreta da risultare quasi brutale, da secoli regola la vita della Chiesa, la più antica e ramificata istituzione dell’Umanità.
Ora che Papa Francesco riposa nel luogo che ha scelto, la sua amata Basilica di Santa Maria Maggiore, il suo successore si appresta a salire al Soglio di Pietro, mentre esperti e opinionisti cercano di capire in quale direzione andrà la Chiesa, dopo 12 anni di pontificato straordinario e per molti aspetti rivoluzionario del primo pontefice che ha scelto di chiamarsi come “il poverello di Assisi”, il Santo Patrono dell’Italia. Sono in molti ad affannarsi a ripetere che “non si può tornare indietro”, ma questa opinione, o auspicio che sia, non è affatto una certezza: basta osservare quello che sta succedendo in Italia, in Europa e nel mondo, dove governi ultra reazionari stanno risuscitando pulsioni fasciste e naziste che la Storia aveva seppellito ottanta anni fa. Quindi tornare indietro si può eccome, tant’è vero che molta politica lo sta facendo, e potrebbe farlo anche la Chiesa.
Detto questo, non vogliamo addentrarci in questioni teologiche o dottrinali, che lasciamo ad altri ben più qualificati, ma vogliamo porre l’attenzione su un aspetto tutt’altro che secondario del pensiero di Francesco, che rischia di andare disperso dopo la sua scomparsa. Si tratta della sua pressante sollecitazione a prendersi cura del pianeta, quello che i laici chiamano Natura e i credenti nominano Creato, ma che in definitiva non è altro che la nostra “casa comune” – come è scritto nell’incipit della sua Enciclica Laudato si’ – ovvero l’ecosistema che ci permette di vivere e che, in maniera del tutto irresponsabile, stiamo devastando a livelli quasi irrecuperabili.
Il 24 maggio 2015, con la pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’, papa Francesco ha compiuto un passo epocale, primo pontefice a occuparsi di Ambiente, o meglio di Ecologia integrale, dove l’Uomo è visto appunto come parte integrante e integrata della Natura, all’interno e non al di sopra di essa, non padrone, bensì custode del Creato. In particolare, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente del 2020, Francesco scrisse: “Non possiamo pretendere di essere sani in un mondo malato. Le ferite causate alla nostra madre terra sono ferite che sanguinano anche in noi”.
Il pensiero del Papa è chiarissimo e lucido, come il Santo di cui porta il nome considera la Terra come una madre, ma anche come una sorella, che si lamenta per il male che le facciamo: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla.” si legge nel secondo punto dell’Enciclica, e ancora “Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.”
Il Papa dunque condanna il modello predatorio con cui gestiamo le risorse non certo infinite del nostro pianeta, ciò che con un termine ostico definiamo “estrattivismo”, lo scavo e l’asportazione di tutto quanto riteniamo utile all’arricchimento, dai combustibili fossili alle terre rare, passando per pietre e metalli preziosi, o più in generale appunto l’estrazione di valore da qualunque “risorsa”, comprese quelle “umane”, come vengono definiti oggi i dipendenti. Già, perché se ci avete fatto caso, nel linguaggio del business quello che una volta era il “Servizio personale” è diventato troppo spesso il “Dipartimento risorse umane”. Una sottigliezza semantica? Forse. Ma “personale” ha la stessa radice di “persona”, dunque riconosce implicitamente il lavoratore come tale, con i suoi diritti e le sue necessità, compresi il diritto al riposo e a un salario dignitoso. Invece, nel momento in cui si diventa “risorsa”, passa il concetto di riduzione dei costi e massimizzazione dei profitti, per cui ci si sente autorizzati a spremere i lavoratori fino all’estremo, per poi sbatterli in mezzo alla strada quando le condizioni produttive o economiche lo rendono conveniente, ovviamente per i padroni, che siano essi persone fisiche o più spesso Fondi d’investimento o conglomerati finanziari, comunque un qualcosa che non corrisponde più alla definizione di “datore di lavoro”, visto che il lavoro lo tolgono.
Anche su questi argomenti papa Francesco ha fatto sentire forte la sua voce in difesa degli sfruttati, dei poveri, delle “pietre” di scarto”, gli sfortunati che il sistema economico neoliberista tritura e butta via in nome della ricerca spasmodica del profitto per pochi a fronte dell’impoverimento di molti.
Proprio a causa di queste sue prese di posizione giustamente radicali, spesso Francesco è stato criticato e denigrato come se fosse un papa “comunista”, o una specie di sindacalista o ancor peggio un ambientalista, che ficcava troppo spesso il naso nelle faccende del mondo invece che occuparsi di questioni spirituali o teologiche.
Nulla di tutto questo. Era semplicemente evangelico, ovvero stava dalla parte dei poveri e degli oppressi, esattamente come Gesù, che scelse i suoi discepoli fra gli ultimi, fra i lavoratori, molti dei quali pescatori, a partire dallo stesso Pietro, mentre Matteo, autore del primo Vangelo, era addirittura un pubblicano, ovvero un esattore delle tasse per conto del governo di occupazione romano, uno che riscuoteva quello che oggi qualcuno definirebbe “pizzo di Stato”, ma che evidentemente Gesù considerava normale, tanto da dire “date a Cesare quel che è di Cesare”, ovvero pagate le tasse come è giusto fare.
Ecco, questo era Gesù per come ce lo riportano i Vangeli: uno che stava dalla parte dei poveri e degli oppressi ed esortava a pagare le tasse, atteggiamenti che evidentemente già all’epoca non piacevano, tanto che venne torturato e crocifisso dalle autorità dell’Impero Romano, dietro la spinta dei sacerdoti ebraici, quelli che oggi definiremmo “poteri forti”. Oggi Gesù non verrebbe certamente crocifisso, al limite messo in croce dal sistema mediatico, come a volte è successo a papa Francesco, criticato da più parti, anche all’interno della stessa Chiesa.
Ma lui non ha cambiato direzione. Con il suo atteggiamento bonario, ma deciso, ha mantenuto dritta la barra della Chiesa in una temperie politica ed economica tumultuosa, stando sempre dalla parte dei poveri e, primo fra i successori di Pietro, dalla parte della Natura, o se preferite del Creato, esattamente come il Santo di cui ha preso il nome, anche qui primo fra i pontefici.
Riuscirà – o prima ancora vorrà – il suo successore a proseguire sulla strada indicata da questo straordinario Vescovo di Roma venuto “quasi dalla fine del mondo”? I giorni e gli anni a venire ci daranno le risposte, ma per ora possiamo già dire qualcosa per certo. Per questi dodici anni di straordinario pontificato, per essere sempre stato dalla parte dei poveri e degli oppressi, per aver aperto il dialogo con i laici e, non ultimo, per aver posto con grande forza al centro dell’attenzione della comunità cristiana la questione ambientale, Laudato si’, Francesco.
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