Austria: tripartito centrista al governo

Nuovo governo in Austria a cinque mesi dalle elezioni politiche. Popolari (Ovp), socialisti (Spo) e liberali (Neos) si sono accordati per costituire un tripartito centrista. Cancelliere sarà Christian Stocker dell’Ovp, il suo vice sarà il socialista Andreas Babler, mentre ai liberali andrà il ministero degli Esteri, assegnato a Beate Meinl-Reisnger. Viene così a chiudersi una lunga fase di instabilità caratterizzata da due falliti tentativi di dar vita ad una maggioranza in grado di governare.

Primo tentativo – naufragato a metà ottobre a causa di una serie di dissensi sul programma – era stato quello di imbastire una maggioranza, identica a quella attuale, tra Ovp, Spo e Neos. Una coalizione, in quel momento sotto l’egida di Karl Nehammer, anch’egli esponente dei popolari, che nasceva per impedire l’accesso al governo della Fpo (Partito della Libertà), estrema destra giunta prima nel voto autunnale, con il 29 per cento dei suffragi e 57 seggi in Parlamento. Andata in fumo questa ipotesi, il presidente della Repubblica, Alexander Van der Bellen, aveva incaricato il leader Fpo, Herbert Kinkl che, valendosi della maggioranza relativa conseguita in Parlamento, contava di allestire un esecutivo con l’Ovp.

Sono però bastate poche settimane per scartare anche questa possibile intesa. L’iniziale convergenza in materia di bilancio e su un giro di vite contro i migranti clandestini, non è bastata per superare l’insormontabile scoglio europeo. Impossibile cioè per l’Ovp, formazione legata al Ppe, intendersi con un socio di governo marcatamente euroscettico e su posizioni filorusse.

Chiuso il discorso con la Fpo rimanevano aperte due strade: riprendere il discorso tra Ovp, Spo e Neos, con un esecutivo di unità nazionale, oppure tornare al voto. Opzione che, sondaggi alla mano, avrebbe arriso all’estrema destra data in crescita soprattutto per le sue politiche sulla sicurezza. Messi alle strette popolari, socialisti e liberali hanno infine condiviso una comune piattaforma per la prima coalizione tripartita dal dopoguerra ad oggi.

Un contratto di duecento pagine – in stile ”Grande coalizione tedesca” – elenca minuziosamente il programma convenuto. Nell’accordo si punta innanzi tutto ad una riduzione del deficit di bilancio da riportare sotto il fatidico tre per cento e sottrarsi ai richiami di Bruxelles. Un obiettivo da conseguire attraverso un mix di tagli alle spese, con penalizzazioni sui montanti pensionistici, e maggiori tasse, extraprofitti delle banche e delle società del comparto energetico. Non facile, in realtà, trovare un compromesso tra la Spo, poco propensa a ridurre la spesa pubblica, e la Neos, mal disposta verso aumenti della tassazione. Previsti anche provvedimenti a favore dell’ambiente, potenziando le energie rinnovabili e, in tema di immigrazione, un freno ai ricongiungimenti familiari.

In conclusione, a parte i mugugni dell’ala sinistra Spo contraria a incidere sulle pensioni, si è riusciti a far quadrare il cerchio. Decisamente più semplice invece muoversi sul terreno della politica estera con un totale allineamento sia su una maggior integrazione europea sia sul sostegno all’Ucraina. Tutto questo pur confermando la tradizionale neutralità austriaca sancita dalla Costituzione. L’Austria non fa infatti parte della Nato: impegno preso nel 1955, quando un accordo delle potenze alleate restituì al Paese piena sovranità, a dieci anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. C’è da chiedersi se una simile soluzione applicata all’Ucraina, avrebbe forse potuto evitare l’aggressione russa. Tornando all’Austria può dirsi che, superata la complessa fase post elettorale, adesso c’è un esecutivo nel pieno delle proprie funzioni. Una comoda maggioranza parlamentare – 110 seggi sui 183 totali del Consiglio nazionale – che dovrebbe garantire la necessaria stabilità.

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