Nel confronto tra Ue e governo una necessaria terzietà

Il confronto fra la Commissione europea e il governo sulla legge di bilancio italiana non sembra avviato ad una facile soluzione ed i suoi sviluppi paiono, oltre il volere delle parti, soggetti a delle variabili politiche e economiche non valutabili a priori, legate agli esiti delle prossime elezioni europee, come alla congiuntura economica e a fattori geopolitici di natura internazionale.

Non vi è dubbio che i rilievi mossi dalla Commissione al governo vadano oltre le cifre, gli zero virgola, e ineriscano a quanto la visione di politica economica dell’attuale governo sia compatibile con quella che si è imposta nell’Eurozona, pur senza un adeguato confronto democratico.

Parimenti non vi è dubbio che il triplice obiettivo che sottende alla manovra del governo, quello di dare una risposta alla stagnazione economica, all’aumento della disoccupazione e della povertà, appaia inconciliabile con l’impostazione ordoliberista dei parametri europei, la cui osservanza darebbe la garanzia della continuazione della recessione e dell’ulteriore calo dei posti di lavoro e dei salari e dell’aumento della povertà.

Il tempo ci dirà se la stabilità monetaria sia uno scopo che giustifica una riduzione cosi prolungata della crescita e un così consistente costo sociale, un impoverimento così rilevante dei ceti lavoratori, e alla fine il rischio di tenuta dell’ordinamento democratico. Oppure, al contrario, quanto le politiche espansive siano uno scopo che giustifica il rallentamento dell’unica forma di integrazione europea che sia oggi realisticamente possibile, quella che si aggrega attorno all’interesse nazionale della Germania. Forse è preferibile un’Europa tedesca al meno Europa.

Nell’attesa che la storia nei prossimi mesi si incarichi di rispondere a questi interrogativi, c’è una cosa a cui, a mio avviso, le varie forme di cittadinanza attiva e le molteplici espressione del sociale non dovrebbero rinunciare. Quella di far valere una irriducibile e testarda terzietà di fronte all’irrigidimento delle posizioni fra Roma e Bruxelles nella ricerca di un compromesso raggiungibile, alla portata, a vantaggio di tutti perché basato sul buon senso che vede uniti i cittadini europei più di quanto lo siano i loro rappresentanti nazionali e nelle istituzioni comunitarie, ma proprio per questo che appare quasi impraticabile a quanti non riescono a liberarsi dal paraocchi dell’egoismo di classe e di nazione.

Terzietà di fronte ad un esecutivo che sembra cercare, almeno in qualcuno dei suoi componenti di più marcato profilo politico, lo scontro con la Commissione europea più per trarne vantaggi elettorali, tutti da verificare, che per avviare un serio dibattito per la riforma dell’Eurozona, al quale pure con il Piano Savona ha dato un significativo contributo, adottando tutte le misure necessarie a trasformarla in un’area monetaria ottimale. Il governo dimostri maggiore disponibilità al dialogo. Senza stravolgere l’impianto della manovra è ancora possibile, attraverso la lotta agli sprechi e il trasferimento di parte delle risorse disponibili, reperire maggiori fondi per investimenti produttivi, capaci di creare lavoro a cominciare dalle aree più svantaggiate e dal Mezzogiorno.

Ma se le organizzazioni della società civile vogliono preservare il loro patrimonio di credibilità agli occhi dei cittadini, soprattutto verso i ceti intermedi e popolari che costituiscono quei due terzi della popolazione che più sono esposti ai supplizi dell’austerità, occorre terzietà anche nei confronti di quelle parti politiche dell’attuale opposizione per le quali si tratta solo di riportare il Paese all’osservanza di quanto ci viene chiesto dalla Commissione europea, senza riconoscerne le responsabilità e soprattutto senza criticarne la prospettiva. Infatti, andando avanti con l’austerità si possono mettere in ginocchio le nazioni, affamare i popoli, come la Grecia (il recente rapporto di Transnational Institute e di Fian International denuncia che l’austerità ha violato il diritto all’alimentazione del popolo greco) ma non guadagnare il consenso e l’adesione profonda dei popoli e delle persone al progetto europeo. Per farlo ci vuole un’idea di Europa come comunità che i padri dell’Europa seppero concepire ma che oggi appare seppellita sotto una spessa coltre di vincoli e di sanzioni che si addicono più ad una caserma che alla casa comune di tutti noi europei. Una visione solidale che sta a noi riscoprire e rilanciare.

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