Il voto americano rafforza l’Italia verso l’Ue

Come italiani e europei il dato che più ci riguarda delle elezioni di americane di midterm è l’aumento della maggioranza repubblicana al Senato. Questo perché la Costituzione degli Stati Uniti affida unicamente al Senato, e non alla Camera dei rappresentanti, la competenza sui trattati internazionali e sulle nomine nei ruoli chiave dello stato. Dunque, anche dopo il voto potranno proseguire le politiche espansive e protezioniste della Casa Bianca miranti alla ripresa del controllo politico degli stati sul commercio internazionale (de-globalizzazione) attraverso la stipula di accordi bilaterali onde evitare che le decisioni che riguardano nel concreto la vita dei cittadini continuino a esser prese dalla ristrettissima cupola di miliardari, e di tecnocrati a servizio dei loro interessi, che controlla gli organismi internazionali.

Inoltre, dal Senato Usa passano decisioni importantissime come quelle per la Federal Reserve dove Trump potrà fare a breve un paio di nomine in grado di spostare gli equilibri in seno alla banca centrale, a maggioranza ancora obamiana e dunque filotedesca.

Per cogliere la portata della posta in gioco occorre fare un passo indietro, al 2016, all’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Essa ha comportato un netto cambio della strategia americana sull’Europa. Se Barack Obama e Hillary Clinton avevano tacitamente riconosciuto il predominio della Germania sul resto dell’Europa a patto che questa rimanesse fedele alla strategia unilateralista di contenimento di Russia e Cina (determinando da un lato la “svendita” dell’Italia agli interessi [franco] tedeschi e dall’altro, la precipitosa uscita dall’Unione Europea del Regno Unito allergico al nuovo pericolo di dominazione germanica), l’Amministrazione Trump ha preso di mira lo strapotere economico tedesco, fondato, come da loro tradizione, sul dumping sociale e sullo sfruttamento di vicini mitteleuropei (il Lebensraum, lo spazio vitale) e concorrenti comunitari, e rafforzato da una moneta, l’Euro, cucita su misura degli interessi tedeschi, svalutata scorrettamente rispetto all’economia tedesca almeno quanto lo è lo Yuan rispetto all’economia cinese.

Il rafforzamento della maggioranza repubblicana al Senato consentirà agli Stati Uniti di attuare politiche monetarie espansive e dunque ostili ai piani della Bce, guidata dalla Germania, di mettere in ginocchio l’Italia con lo spread e con l’austerità. In questo senso, quindi l’esito delle elezioni di midterm può considerarsi una buona notizia per l’Italia nello scontro decisivo sui nostri conti pubblici con la Commissione europea, in cui presumibilmente non si faranno prigionieri. O, come pronostica l’ex premier Matteo Renzi, a marzo arriverà a Roma la Troika, forse camuffata da governo tecnico (di nuovo Monti? Cottarelli? O addirittura Mario Draghi?) oppure sarà l’austerità ad essere sconfitta, se solo l’Italia riuscirà a innescare la ripresa e a uscire indenne dagli attacchi della speculazione finanziaria, potendo contare sull’appoggio di pressoché tutte le grandi potenze mondiali extra-Ue, Brics inclusi. In ogni caso, si tratta di un duro colpo per la Merkel, Juncker, Moscovici, Dombrovskis e Macron che confidavano in un esito ben diverso di queste elezioni americane.

Sullo sfondo rimane irrisolta la grande contraddizione politica dei tempi che viviamo. Nessuna forza politica riformatrice, di sinistra o come la si voglia definire, è più attenta e capace di intercettare la domanda di nuovo sviluppo e di giustizia sociale della classe media e lavoratrice. Ad ascoltare tali istanze, a loro modo e con tutte le contraddizioni e i rischi del caso, che Trump impersonifica in modo esemplare, sono rimasti solo i cosiddetti “populisti”, al di là e al di qua dell’Atlantico. Finché le culture e le forze riformatrici, e tra queste quella cattolico-democratica, magari applaudiranno Papa Francesco quando, come nell’udienza generale di questa mattina, denuncia che «La ricchezza del mondo, oggi, è nelle mani della minoranza, di pochi, e la povertà, anzi la miseria e la sofferenza, di tanti, della maggioranza», ma poi continueranno a introiettare l’ideologia della classe dominante, l’idolatria del denaro, il monetarismo, l’ordoliberismo, facendo così nei fatti gli interessi dello 0,01% della popolazione mondiale, non si potrà sperare in un recupero della loro credibilità agli occhi dei ceti popolari.

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