Svezia, sovranismo cresce ma non sfonda

In Svezia il sovranismo, sotto le mentite spoglie di un Partito di estrema destra che, paradossalmente, si chiama democratico, avanza ma non sfonda; tengono i partiti centristi e moderati, senza però riuscire a scalzare dalla maggioranza relativa socialdemocratici che, pur perdendo sei punti, restano ancora la forza principale del Paese con il 28 per cento dei voti (risultato che farebbe leccare i baffi al nostro Pd). Questo l’esito delle recenti elezioni svedesi che mostrano, come un po’ ovunque in Europa, l’avanzata dell’estrema destra nazionalista. Un’avanzata che, in ogni modo, per adesso non le consente di superare quella soglia, per così dire simbolica, del 20 per cento, che è un po’ il livello minimo di consistenza per dirsi, davvero, forza politica autenticamente popolare e non soltanto di nicchia. La formazione di Jimmie Akesson si ferma invece al 17,6 – un dato non dissimile a quello della Lega salviniana – e per ora resta fuori dai giochi, anche perché le forze moderate sbarrano le porte a qualsiasi intesa con quest’estrema destra nelle cui fila si annidano anche alcune frange neonaziste.

Per il governo se la giocheranno i socialdemocratici dell’attuale premier, Stefan Lofven, con 144 seggi, e il blocco moderato, che ne assomma 143. Nessuno dei due dispone della maggioranza assoluta e dunque nessuno è autosufficiente, per cui sarà necessario in qualche maniera collaborare. L’ipotesi più probabile, anche non è da scartare un esecutivo di minoranza tra le forze di sinistra, sembra essere una grande coalizione alla tedesca, a guida però socialdemocratica e non moderata come avviene in Germania. Di certo si prevedono tempi lunghi per trovare un’intesa e giungere alla nascita di un esecutivo stabile.

Cosa dire di questa tornata elettorale? Nessun dubbio sull’irrompere nell’arena politica dell’estrema destra, ma spesso, come anche in questo caso, la sua reale forza viene sopravvalutata dai sondaggi. Il che è un bene perché, di certo, non bisogna abbassare la guardai di fronte all’avanzata di queste forze nazionaliste il cui obiettivo è disfare l’Europa e tornare ai vecchi Stati nazionali. Sarebbe un clamoroso, e pericoloso, balzo all’indietro, che ci riporterebbe, prima o poi, al vecchio continente che avevamo conosciuto prima della Seconda guerra mondiale. Quello dei sacri confini e del continuo bellicismo fino, per l’appunto, all’aperto conflitto. Una pagina che nessuno vuole più rivivere.

Detto questo è però altrettanto evidente che non basti tacciare di populismo queste forze reazionarie, presenti un po’ in tutti i Paesi europei, che propugnano la preferenza nazionale e una più sicurezza per i cittadini. Compito del centro-sinistra è invece quello di comprendere il disagio che, spesso, alligna negli strati popolari e che li porta a dare sostegno all’estremismo reazionario con i suoi messaggi falsamente rassicuranti. Non si può continuare a parlare di un cosmopolitismo astratto, che preconizza un mondo senza frontiere, quando poi questo mondo si rivela privo di protezioni per i più deboli con sistemi di welfare ridotti al minimo e una precarietà lavorativa senza limiti. Perché così facendo, stando cioè dalla parte dei più forti, rimanendo succubi dei potentati economici si consegna il voto di milioni di persone all’estrema destra.

Essa, in realtà, è il problema e non certo la soluzione, mentre la vera soluzione sarebbe invece il centro-sinistra che però dimentica di esserlo e continuando di questo passo, un giorno ci troveremo l’estremismo nazionalista da solo al governo. Non in Svezia ma nell’intera Europa.

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