Fermare l’aumento della povertà è possibile

Non si devono accogliere con rassegnazione i dati dell’ultimo rapporto Istat sulla povertà relativi al 2017, dai quali emerge che la povertà in Italia continua a crescere, con 5 milioni di italiani in povertà assoluta (l’8,4% dei residenti), il dato più alto dal 2005. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, economica, democratica a cui è possibile, oltre che doveroso, dare risposte.

Innanzitutto, la lotta alla povertà va considerata come una delle grandi priorità del Paese, verso la quale la politica e le istituzioni devono mostrare una forte unità di intenti e ricercare degli strumenti condivisi di lavoro.

Sul piano politico serve un grande patto fra istituzioni nazionali e locali, forze politiche e sociali che consenta di intervenire sul rapporto fra povertà e crescita delle disuguaglianze, coordinando le azioni con l’agenda Onu degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile.

Inoltre, va rafforzata e ampliata la rete dei servizi sociali sul territorio in particolare nelle aree più svantaggiate e povere del Paese nell’ottica di potenziamento del welfare come basilare infrastruttura per lo sviluppo e i Comuni devono essere dotati di risorse adeguate per far fronte a bisogni sociali crescenti, e non più avere la sensazione di esser lasciati soli di fonte al disagio che aumenta, in seguito al progressivo ritiro dello Stato nonostante l’inequivocabile dettato costituzionale.

Sul piano politico-parlamentare si potrebbe avviare una indagine conoscitiva sulla povertà in Italia e sulle nuove forme che questo fenomeno ha assunto (povertà minorile, sanitaria, scolastica, lavorativa), fra le Commissioni competenti onde assicurare su questa tematica un pubblico dibattito commisurato all’ampiezza e alla gravità che la povertà ha assunto in Italia in particolare nell’ultimo decennio di crisi.

Nel contempo vanno rafforzati e innovati gli strumenti di contrasto strutturale e nazionale alla povertà per consentire di raggiungere un reddito sufficiente per una vita dignitosa a quel milione e 778mila le famiglie di italiani e stranieri residenti che non possono permettersi un paniere di beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile.

Dal dicembre 2017 l’Italia sperimenta uno strumento di contrasto alla povertà denominato Reddito di inclusione (REI). La stessa Alleanza contro la povertà, che si è battuta per questa riforma, considera il REI come primo passo verso uno strumento esteso a tutti i poveri. L’obiettivo del governo di andare verso un “reddito di cittadinanza” (esteso all’intero universo dei poveri e anche a coloro che non hanno lavoro) può tradursi in un’opportunità. Al di là dei nomi occorre guardare all’efficacia degli strumenti, all’impegno, ai tempi per l’attuazione, al monitoraggio di cui ogni misura necessita, se si vogliono fare dei passi avanti in concreto.

Infine, ma non per ultimo, non appaiono più rinviabili alcune scelte di fondo di politica economica e monetaria. Negli anni scorsi alla crisi è stata data una risposta sbagliata: la situazione richiedeva politiche espansive ed invece si sono attuate, più per vincoli esterni che per scelta, politiche deflattive che hanno diminuito la capacità di spesa delle famiglie, dissipato posti di lavoro, svalutato il lavoro sotto il profilo delle retribuzioni, della stabilità e dei diritti, indebolito il welfare, tagliato fondamentali reti di protezione sociale. Elementi che sono la causa principale dell’aumento della povertà. Ecco perché se non si cambiano le politiche economiche, qualsiasi misura strutturale di contrasto alla povertà risulterà inadeguata di fronte alla creazione continua di nuovi poveri. Ma, allo stesso tempo, questa è la ragione per cui fermare alla radice l’aumento della povertà in Italia e in Europa è possibile: quello che serve è la volontà politica di farlo, abbandonando le politiche economiche che si sono rivelate, alla prova dei fatti, inadeguate e nocive, sostituendole con una strategia commisurata con le effettive esigenze della configurazione sociale ed economica del Paese, a cui non si può più applicare ricette forse valide per altri contesti e altri tipi di società.

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