Olimpiadi: meglio lasciare che raddoppiare

Non si può negare che le Olimpiadi del 2006 abbiano fatto conoscere Torino in tutto il mondo, contribuendo a popolare di turisti portici e piazze del centro. Vi è però un’altra certezza, poco piacevole da ricordare per chi intende replicare l’esperienza olimpica: quei Giochi hanno messo al collo della Mole la medaglia d’oro della città più indebitata d’Italia.

Fu proprio l’evento olimpico di dodici anni fa a causare la dilatazione del debito cittadino e l’avvento dei derivati, i famigerati contratti che avrebbero dovuto coprire il rischio di aumento dei tassi sui mutui stipulati e che, in realtà, si sono rivelati un grosso affare solo per le banche.

Infatti, solo per i derivati, a causa di complessi meccanismi contrattuali che impongono la corresponsione di interessi ad oggi completamente fuori mercato, il Comune di Torino paga ogni anno alle banche circa 15 milioni di euro.

Questa è l’eredità principale delle Olimpiadi 2006. Un lascito fatto di risorse sottratte ad anziani, disabili, persone senza casa e a tutte quelle famiglie in difficoltà il cui numero in questi anni è andato crescendo, di pari passo con il debito. Debito che ha comportato la riduzione delle spese per l’assistenza, i tagli a trasporti pubblici e cultura, l’impossibilità di attuare politiche contro l’inquinamento (altro primato torinese) e, per tamponare il dissesto finanziario, la (s)vendità di patrimonio pubblico e beni comuni.

Diverse ricerche confermano quanto ingombranti siano gli impatti economici lasciati in eredità dai Giochi alle città che li hanno ospitati. Secondo uno studio dell’Università di Oxford riferito al periodo 1960-2016, la media dei costi diretti (senza considerare le infrastrutture di supporto) per organizzare le olimpiadi invernali è di 3,1 miliardi di dollari. Ma il dato più significativo è il costante sforamento rispetto al bilancio di previsione, quasi mai inferiore al 50%, cosa che si è puntualmente verificata anche per Torino 2006. Lo studio ricorda che città con economie fragili dovrebbero muoversi con particolare cautela, in quanto il dossier di candidatura è un accordo vincolante, nel quale la città (e la nazione) ospitante si impegna a coprire qualunque aumento di spesa.

Tornando a Torino 2006, un cenno a un tema che meriterebbe maggiore approfondimento: la devastazione ambientale causata dalla costruzione degli impianti montani, vergognosamente abbandonati al degrado e che in caso di riutilizzo dovrebbero, di fatto, essere ricostruiti. Degrado che ha colpito anche alcune strutture cittadine, su tutte il villaggio per gli atleti presso gli ex Mercati Generali.

In un contesto simile è sconcertante che l’amministrazione 5Stelle, in perfetto accordo col tanto vituperato, in campagna elettorale, “Sistema Torino”, si muova per ripresentare la candidatura torinese ai giochi del 2026. Che fine hanno fatto le promesse di discontinuità rispetto alle politiche delle precedenti giunte PD?

Questa scelta olimpica è in completa sintonia con un passato che i cittadini nel 2016, votando come sindaco Chiara Appendino, avevano chiesto a gran voce di cambiare. In particolare in quei quartieri, serbatoio di voti pentastellati, in sofferenza anche grazie a un modello di sviluppo come quello di Torino 2006, che ha portato luci e notti bianche nella vetrina turistica del centro, lasciando le periferie prive di investimenti.

Appendino dovrebbe seguire l’esempio di altre città europee, potenziali concorrenti di Torino per i Giochi 2026, che hanno già respinto la suggestione olimpica. O della sua collega Virginia Raggi la quale, al di là di ogni altra valutazione sulla sua azione amministrativa, ha bloccato la candidatura di Roma 2024, spegnendo così il sorriso sulle labbra di quella classe di affaristi e speculatori che già pregustava lucrosi guadagni sulle spalle dei cittadini, pronta ora a lanciarsi sul prelibato affare delle olimpiadi torinesi.

L’impegno e la solerzia che vengono profusi per accaparrarsi le Olimpiadi dovrebbero, piuttosto, essere riservati ad un’incisiva azione contro il debito che soffoca Torino. Come chiesto da alcuni movimenti che stanno agendo in città, l’amministrazione 5stelle coinvolga i cittadini in un’azione politica verso Governo e sistema finanziario per la rinegoziazione del debito complessivo, ridiscutendo la legittimità degli interessi pagati alle banche.

Questo è il modo per recuperare risorse per la città in alternativa alla politica degli affari. Un concreto segnale di rottura col passato e di vicinanza alle persone ed ai loro effettivi interessi,

Diversamente, anche ai piedi delle Alpi sarà il trionfo del Gattopardo: tutto è cambiato per lasciare tutto uguale.

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