Arnaud Beltrame: un eroe dei nostri giorni

La Francia, nei giorni scorsi, si è fermata in un omaggio nazionale per salutare il suo eroe, così come il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha giustamente definito il gendarme 45enne, Arnaud Beltrame che ha dato la sua vita per salvare quella di un’altra persona. Cosa c’è in effetti di più eroico che sacrificare la propria vita per qualcun altro?

Beltrame lo ha fatto in un supermercato di Trebes, remoto centro del sud della Francia, non esitando a consegnarsi come ostaggio nelle mani di un terrorista islamico, in cambio della liberazione di una donna che era stata presa prigioniera e che, di lì a poco, sarebbe stata uccisa. Così come era accaduto, poco prima ad altri due ostaggi. Il fondamentalista prima di barricarsi nel supermercato aveva già ucciso un’altra persona, un autista che aveva incrociato per caso. La quarta vittima è stata Beltrame, un servitore dello Stato capace del gesto supremo.

In un’epoca nella quale troppo spesso siamo immersi in un disperato individualismo, dove ognuno pensa solo a se stesso, alla propria famiglia, al proprio piccolo mondo, a volte vissuto nell’accezione più gretta ed egoista, scopriamo che c’è dell’altro.

Scopriamo che c’è un senso del dovere che diventa, in determinate circostanze, vero e proprio abbandono di sé per donarsi interamente agli altri. D’altronde, a parte esempi come questi, che speriamo non abbiano mai a verificarsi, quando si parla di dovere ci si riferisce per l’appunto ad un dono rivolto agli altri, fatto di generosità e responsabilità verso il prossimo.

Un po’ il contrario di quel troppo diffuso accampare, sempre e soltanto, diritti per sé, a nostro esclusivo e primario vantaggio, magari danneggiando anche diritti e libertà altrui, senza quel necessario slancio di solidarietà umana che rende più vivibile la nostra convivenza. Questo, ovviamente, non per rinunciare ai propri diritti individuali, che sono e restano fondamentali, ma semplicemente per saperli sempre coniugare in modo inclusivo con quelli del nostro prossimo. Su queste basi c’è davvero spazio per costruire un modo di vivere capace di esaltare al massimo la convivenza con le altre persone, in una comune responsabilità di cittadini di questo nostro mondo. Risuonano le famose parole di del presidente americano, John F. Kennedy, <<non chiedete cosa vostro il Paese può fare per voi, ma cosa potete fare voi per il vostro Paese>>.

Con la sua eroica morte Arnaud Beltrame è come ci avesse detto tutto questo: ci ha insegnato, pagandone il prezzo più alto, a sentirci parte di una stessa comunità umana. Quale abisso separa il suo gesto, che richiama alla vita, da quello compiuto dal suo assassino, con la follia di morte per sé e per gli altri intorno a lui. Lo ha detto con grande chiarezza il Presidente francese, parlando di qualcuno che <<cercava la morte e l’ha trovata nel modo più abietto. Una fine vergognosa ottenuta con l’assassinio di persone innocenti>>.

Da questo occorre partire per smitizzare definitivamente, agli occhi di tanti giovani, questo integralismo senza speranza: un’abietta ideologia di morte per cui tutti dovrebbero provare una totale repulsione. Stridente davvero il contrasto tra il fanatico integralista con la sua morte priva di senso e il gendarme la cui morte, invece, dischiude la vita ad un’altra persona.

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