Il Futuro in orbita

Il 6 febbraio 2018 resterà una data da ricordare nella storia dell’astronautica, grazie al successo del lancio del razzo Falcon Heavy.

Perché non si tratta di un lancio qualsiasi: alto 70 metri, il Falcon Heavy è il razzo più potente dai tempi dello storico Saturn V, il vettore del programma Apollo della Nasa che spedì i primi astronauti sulla Luna. È in grado di trasportare un carico utile di oltre 54 tonnellate in orbita bassa, cioè fra 160 e 2.000 chilometri dalla superficie terrestre, o in alternativa di posizionare 22 tonnellate in orbita geostazionaria, ovvero a circa 36.000 chilometri di quota, una capacità di trasporto inferiore appunto solo al possente vettore delle missioni Apollo.

Ma questo non è il dato più sensazionale dell’impresa: a marcare la differenza, è il fatto che per la prima volta si tratta del razzo di un operatore privato. A lanciarlo è stata infatti la società astronautica SpaceX, creatura del geniale imprenditore Elon Musk, lo stesso che ha fondato la Tesla, ovvero la fabbrica delle auto elettriche più evolute al mondo. E Musk non ha perso occasione per prendere due piccioni con una fava: dovendo sperimentare il lancio con un carico a bordo, con un colpo a effetto ha utilizzato come “zavorra” la sua Tesla Roadster, auto elettrica sportiva ad alte prestazioni. L’autovettura è stata inserita in una traiettoria che dovrebbe portarla verso il pianeta Marte, che è il traguardo auspicato dello stesso programma Falcon, progettato proprio per consentire, in un futuro prossimo, lo sbarco sul Pianeta Rosso. Mai la locuzione “lancio pubblicitario” fu più azzeccata, bisogna ammetterlo.

Come se ciò non bastasse, l’operazione è stata condita con un sapiente mix di elementi, che contribuiscono ad accrescerne visibilità e fascino: il lancio è avvenuto dalla stessa piattaforma da cui nel 1969 partì la missione lunare della Nasa; al volante dell’autovettura rossa fiammante è stato messo un manichino con tuta da astronauta, battezzato Starman; l’abitacolo è stato dotato di numerose videocamere che trasmettono a terra il “punto di vista” dell’inconsueto pilota; sul display del navigatore dell’auto compare la scritta “Don’t Panic”, come sul frontespizio della “Guida galattica per autostoppisti” dell’omonimo romanzo di fantascienza umoristica; mentre il tutto ha avuto come colonna sonora “Life on Mars” di David Bowie. Un approccio molto americano, con un occhio di rispetto al passato, ma al tempo stesso una certa giocosità, insomma fare le cose seriamente senza prendersi troppo sul serio.

Altro tassello importante dell’operazione, il rientro alla base dei due vettori laterali dopo il distacco dal corpo centrale, una volta esaurita la loro fase di spinta. Un momento emozionante come il rientro del primo Shuttle, dall’alto contenuto tecnologico e simbolico, con i razzi che atterrano in verticale a Cape Canaveral, pochi minuti dopo il decollo, in un’ottica di riutilizzo perfettamente in linea col pensiero ecologista e votato allo sviluppo sostenibile di Elon Musk. In questa fase si è registrata l’unica nota negativa dell’operazione, quando il razzo principale in fase di rientro ha mancato il punto d’atterraggio, inabissandosi nell’oceano, segno che ci sono ancora dei particolari da mettere a punto.

In ogni caso, con questo successo la SpaceX si pone come primo (e per ora unico) fornitore privato di servizi per le grandi Agenzie spaziali, inaugurando una nuova era dell’astronautica, quella che in prospettiva dovrebbe portare allo sbarco dell’uomo su Marte.

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