Barcellona, terrorismo sulla Rambla

Barcellona ha vissuto attimi di terrore quando, sulla Rambla il viale che da piazza Catalogna conduce sino al mare, un furgone si è scagliato contro la folla. Tredici i morti (di cui due italiani) e oltre cento feriti, con una dinamica che è quella di sempre: un camion lanciato in velocità sui passanti, per ammazzare più persone possibile.

Ennesimo attacco contro gente inerme. Infame emblema di un terrorismo che colpisce alla cieca in ogni angolo di mondo. Due gli autori della strage, fermati dalla polizia dopo che uno di loro si era barricato in un ristorante, prendendo alcuni ostaggi. L’Isis, come un avvoltoio appeso ad un ramo, non ha poi tardato a rivendicare la paternità della strage.

Questo il bilancio di una tragica giornata che ci riporta alla mente altre stragi del genere in Francia, in Svezia, in Germania o in Gran Bretagna. Evidente che nel mirino non c’è un singolo Paese ma la nostra società nel suo insieme. Evidente che tutti siamo potenziali obiettivi di questo fanatismo che non conosce altro che sangue e morte.

Difficile – lo si constata ogni volta – prevedere e prevenire queste azioni. Forse dovremmo imparare a convivere con questo rischio che può materializzarsi in ogni momento. Nello stesso tempo però occorre reagire sia sul piano investigativo che su quello politico.

Sotto il primo profilo è indispensabile potenziare al massimo tutti i possibili strumenti investigativi a livello sovranazionale. Una più intensa cooperazione e collaborazione tra i diversi apparati di sicurezza, specie su scala europea risulta l’elemento chiave per fronteggiare quanto sta avvenendo sul vecchio continente.

Sul piano propriamente politico poi diviene assolutamente necessario proseguire con maggior impegno nel processo di integrazione europea. L’Unione, che ha festeggiato quest’anno il suo 60° anniversario, deve guardare oltre in un cammino che deve portare a un rafforzamento delle istituzioni comunitarie e a un’armonizzazione in settori vitali decisivi come la difesa e la sicurezza comune.

Purtroppo alcuni recenti segnali mostrano come gli egoismi nazionali continuino a prevalere. La Francia che nazionalizza i cantieri navali piuttosto che aprirsi ad una collaborazione con una grande impresa italiana; i Paesi dell’Est che innalzano barriere dopo che per decenni hanno sofferto a causa di altre barriere; l’Italia stessa lasciata da sola a fronteggiare la complessa questione dell’immigrazione, sono segnali che muovono in direzione opposta a quella che sarebbe necessaria.

Certo il terrorismo poco ha a che fare con il percorso di integrazione europea, però è facile constatare come l’attacco fondamentalista sia una sfida a tutta l’Europa. E allora è l’Europa intera a dover reagire in maniera unitaria. Non sono ammesse defezioni o diserzioni perché ne va della sopravvivenza di un modello di società libera ed aperta quale quella in cui vogliamo continuare a vivere. E un’Europa unita, capace di coniugare accoglienza e rispetto delle regole, solidarietà e sviluppo può essere davvero il solo autentico baluardo contro il fondamentalismo.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.