Elezioni legislative francesi: maggioranza assoluta per Macron

Al primo turno delle legislative c’è stata un’onda lunga che pareva sommergere tutto; al secondo le acque sono un po’ defluite e la marea si è assestata ad un livello più basso che in partenza. La metafora idraulica rende bene l’esito della tornata legislativa svoltasi in Francia nelle scorse settimane. Così se all’inizio En Marche, la formazione creata dal neo presidente Macron pareva in grado di superare i 480 seggi, il risultato finale, con il 32 per cento dei suffragi, è un assai meno appariscente 350 seggi. Sempre di maggioranza assoluta si tratta, ma con un più ampio respiro per le forze di opposizione.

Sconfitta storica in ogni caso per i liberal-gollisti (oggi repubblicani) e per i socialisti che da sempre erano l’architrave del bipolarismo transalpino. Clamorosa poi la defezione dalle urne. Il 57 per cento dei francesi è rimasto a casa, il che equivale a dire, a parte l’inquietudine che deve destare questa immensa disaffezione al voto, che la maggioranza in Parlamento non lo è affatto nel Paese. Al progetto di Macron, più ancora che in passato quando minore era l’astensionismo, manca quindi un’adesione realmente maggioritaria al cambiamento in atto.

In ogni modo nella nuova Assemblea i 350 deputati En Marche – Modem avranno la possibilità di governare senza troppi intralci, perché le istituzioni della Quinta repubblica hanno una loro solidità che le rende estremamente efficienti. All’opposizione vedremo il gruppo dei repubblicani (Lr) e dei centristi (Udi) che ha conquistato nel suo complesso 130 seggi e una ridotta presenza di 30 deputati socialisti. Il Ps, diviso tra socialdemocratici e massimalisti, storica ed esiziale divisione della sinistra, è stato stritolato dalla tenaglia che alla sua destra ha visto nascere En Marche e a sinistra l’irrompere della Francia non sottomessa di Jean Luc Melenchon che ottiene 17 seggi. Entra in Parlamento anche una pattuglia di 8 deputati del Fronte nazionale, tra cui Marine Le Pen che ha vinto nel Passo di Calais.

Che dire? Intanto è un’Assemblea diversa dal passato. Più che dinanzi alla classica alternanza, come avvenne con François Mitterrand nel 1981, qui siamo di fronte ad una sorta di riedizione del 1958 quando, con la nascita della Quinta repubblica, la marea gollista travolse i logori apparati partitocratici della Quarta. Vedremo se questo mutamento sarà irreversibile o se i vecchi partiti, che pure hanno ancora una loro base territoriale sapranno nelle future tornate riconquistare il terreno perduto.

E’ anche pensabile una ricomposizione del bipolarismo con la nascita di un centro-sinistra diverso dalle delle vecchie alleanze di sinistra del passato, in cui, ad esempio, dominava un laicismo integralista, come si è visto, sulla legge sulle nozze gay accompagnate dall’adozione dei figli. Di converso a destra potrebbe accadere che i repubblicani più conservatori, oggi attestati sul rifiuto di qualsiasi collaborazione con Macron, trovino qualche intesa con un Fronte nazionale depurato da certi eccessi, a cominciare dall’uscita dall’euro.

In politica è comunque sempre difficile fare previsioni. Una questione però si pone con una certa urgenza: la scarsa rappresentatività dell’Assemblea nazionale, oggi eletta con un sistema ultra maggioritario. Che il Fn, terzo partito del Paese con oltre 1,5 milioni di votanti e il 9 per cento dei suffragi, ottenga appena 8 seggi e i centristi del Modem con un milione di voti prendano 40 seggi, rappresenta un serio problema di rappresentanza dei cittadini, oltre che una disparità che stride addirittura col semplice buon senso. La governabilità che pure va tenuta in conto non può essere però il solo criterio su cui fondare le regole elettorali. Oggi il Parlamento francese è assai poco rispettoso dei reali orientamenti degli elettori e la disaffezione al voto ne è l’effetto più lampante.

E allora sarà bene inserire quanto prima una dose di proporzionale nella legge elettorale. Una quota, ragionevolmente da stabilirsi tra il 25 e il 30 per cento dei seggi, dovrà venir assegnata in proporzione all’effettivo consenso ricevuto, senza alterazioni maggioritarie. Si avranno certo maggioranze meno pletoriche ma altrettanto di sicuro si avvicineranno le istituzioni ai cittadini. E questo aspetto ci pare più importante di qualsiasi altra cosa.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.