Francia: per l’Eliseo tutto è possibile

Poche ore ci separano dal primo turno delle presidenziali francesi. Tre giorni fa, il terrorismo ha colpito la Francia, quando un uomo sugli Champs-Elysées ha fatto  faceva fuoco sulla polizia, uccidendo due agenti risultando poi egli stesso colpito a morte. L’assalitore non risulta essere schedato come persona vicina al fondamentalismo, ma pare più un delinquente comune. In ogni modo l’Isis, come sempre in questi casi, ha rivendicato l’azione. Questo il quadro di una serata che doveva semplicemente segnare la fine di una campagna elettorale più incerta che mai.

A sentire i sondaggi, ammesso che si voglia prestar loro fede, tutto è possibile, poiché ben quattro candidati, Fillon, Hamon, Le Pen e Macron, si dividono un consenso che sta il 19 e il 23 per cento. Per tutti il rischio eliminazione o l’ascesa al ballottaggio è davvero legata allo spostamento di pochissimi voti. Nessuno è dunque in grado di prevedere, con qualche attendibilità, chi saranno i due finalisti.

Questa tornata è atipica anche per un altro motivo. Per la prima volta nella Quinta repubblica viene messa parzialmente in secondo piano la tradizionale frattura destra-sinistra. Con l’etichetta di sinistra, pur se con diversa graduazione ideologica, troviamo infatti sia Jean-Luc Melenchon che Emmanuel Macron, mentre con quella di destra, anche qui con differente tonalità politica, sono in lizza François Fillon che Marine Le Pen. Risulta però impensabile immaginare delle alleanze all’interno dei due campi, come quelle che avvenivano, pur a prezzo di notevoli tensioni, quando a destra c’erano Giscard e Chirac e a sinistra Mitterrand e Marchais. Oggi queste intese, costruite su una certa affinità ideologica non riescono più a prodursi, in nessuno dei campi in lizza. Le intese sono invece più facilmente realizzabili trasversalmente, poiché oggi la vera frattura è l’atteggiamento rispetto all’Europa. E su questo Fillon e Macron sono assai più prossimi di quanto non dicano i rispettivi programmi.

Viviamo una fase storica in cui, rispetto alla tradizionale contrapposizione destra-sinistra, che pure ha ancora una sua logica, sta emergendo quella tra europeisti e sovranisti. Un fenomeno che si riscontra anche nel nostro Paese e che comporterà di accettare alleanze politiche ben diverse che in passato. In Francia la vera grande sfida sarà dunque quella sull’Europa e la cosa sarà ben evidente al secondo turno, quello che decide chi sarà l’ospite dell’Eliseo per i prossimi cinque anni. I repubblicani di Fillon e i socialdemocratici, ovvero l’ala del Ps che appoggia Macron, sono assai vicini su alcuni punti essenziali ed entrambi fanno riferimento alle grandi culture politiche europee, in maniera non dissimile da quello che accade in Germania tra Cdu e Spd che, non a caso, in mancanza dei consensi necessari per governare da sole hanno unito i propri sforzi in una Grande coalizione. Un’ipotesi che forse farebbe bene alla Francia di oggi, unendo il Paese sulle cose che veramente contano: integrazione europea e superamento della crisi economica.

Sappiamo bene che le istituzioni della Quinta repubblica obbligano ad una netta scelta di campo, senza permettere una possibile, se pur transitoria, condivisione di responsabilità dei due campi. Eppure è quasi certo che, in caso di ballottaggio con Marine Le Pen, Fillon o Macron riusciranno a prevalere soltanto grazie a milioni di elettori del campo avverso che riverseranno il proprio voto sul loro nome pur di sbarrare la strada all’estrema destra populista. Pare dunque democraticamente onesto e corretto che, nella futura azione politica, Fillon sappia tener conto dei voti che riceverà da sinistra e Macron di quelli che gli giungeranno da destra. Sempre che – sorpresa da non escludere – non vi sia un ballottaggio tra la Le Pen e Melenchon. Una scelta micidiale.

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