Egitto: stragi in due chiese copte

Stragi in due chiese copte in Egitto, 45 i morti accertati e un centinaio i feriti. Questo il bilancio di una giornata di sangue segnata da due atti di terrorismo a Tanta, cittadina a nord del Cairo, e poi ad Alessandria, seconda città del Paese, proprio nella chiesa ove era presente il papa copto, Tawadris II. Nella stessa Tanta, la polizia ha disinnescato due bombe, la prima nella moschea Sidi Abdel Rahim, la seconda entro un santuario Sufi.

Le due stragi sono state rivendicate dall’Isis, nella sua folle strategia di distruzione di qualsiasi presenza cristiana in terra islamica. L’Egitto torna dunque tra i bersagli di questo cieco fondamentalismo con l’obiettivo di intimorire la comunità copta, che rappresenta il 10 per cento della popolazione (circa 10 milioni di abitanti). Nello stesso tempo si vuole colpire l’Egitto in quanto tale e il suo presidente Al-Sisi che sta tentando di proteggere il suo Paese dalle infiltrazioni fondamentaliste. Una sfida resa complicata dal fatto che la nazione egiziana è ormai circondata da aree in piena instabilità quali la Libia ad ovest e il resto del Medio Oriente ad est.

L’Isis braccato in Iraq e in difficoltà in Siria sta, per così dire, tentando di spostare le proprie strutture verso l’Africa settentrionale. Uno degli obiettivi perseguiti è la destabilizzazione dell’Egitto, sia colpendo la comunità copta sia provocando tensioni negli attuali assetti politici. Per di più è molto diffusa nel Paese la presenza dei Fratelli musulmani, associazione estranea al Califfato ma comunque apportatrice di un forte integralismo religioso.

Paghiamo di certo gli errori di questi anni. Clamoroso soprattutto il mancato sostegno, nel 2011 all’allora presidente egiziano Hosni Mubarak che per decenni aveva rappresentato un punto di riferimento per l’intero Occidente, vegliando sui fragili equilibri religiosi del Paese sotto il mantello del nazionalismo laico e panarabo. In questi anni, per un motivo o per l’altro, si è praticamente destabilizzato l’intero Medio Oriente, aprendo fronti un po’ ovunque. Il risultato è che alla vecchia ideologia nazionalista, nettamente avversa all’integralismo ed impersonata da leader molto diversi (Gheddafi, Saddam, lo stesso Mubarak), si è sostituito un fondamentalismo religioso che ha fornito linfa vitale alla nascita del Califfato. In Siria è accaduto lo stesso ed anche lì si è aperto un baratro senza fine.

Rimettere indietro le lancette della storia non è possibile. Oggi però Stati Uniti, Russia ed Unione Europea sono chiamati a prendersi le proprie responsabilità, collaborando insieme per restituire stabilità all’intera area. Tante le questioni in sospeso. In prima fila la battaglia finale contro l’Isis, poi la ricostruzione della regione, Siria in testa. Non dimenticando infine la situazione palestinese, bruciante ferita nell’animo di tutti i musulmani ed imprescindibile banco di prova della buona volontà occidentale.

Per ora solo il Papa pare aver compreso le sfide odierne. Non a caso proprio Francesco è atteso in Egitto a fine mese, per portare un messaggio di speranza ai copti e a tutti gli egiziani di buona volontà, nel costruire una nuova convivenza tra le religioni e tra le genti.

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