Stoccolma, camion sulla folla

Un camion che travolge d’improvviso delle persone inermi. Quattro morti, decine di feriti. Un film già visto troppe volte. Oggi è accaduto a Stoccolma, prima è toccato a Nizza, a Berlino, a Londra. Una tecnica che ormai fa parte del tragico bagaglio di un terrorismo che, come dice il nome, vuole terrorizzarci ovunque siamo, nelle nostre vie, nelle nostre città.

Stavolta ad essere colpita è la Svezia, il centro della sua capitale, una zona pedonale nella quale a un certo punto si è scatenato il veicolo assassino. Quasi impossibile prevedere questi atti, difficile proteggersi adeguatamente. Gli autori di questi crimini spesso sono dei cani sciolti, non appartenenti ad alcuna organizzazione. Tutto avviene secondo le regole che il fondamentalismo islamico è giunto a proporre in un manuale, quello del perfetto terrorista. E lì si spiega come colpire con un veicolo, balzandovi alla guida per seminare la morte tra la folla, oppure usando coltelli o altre armi del genere. Questo è il nemico che abbiamo davanti ed è un nemico dal quale è difficile difendersi.

E allora, dobbiamo rassegnarci a perdere la partita? No di certo, perché di mezzi e di strumenti a nostra disposizione ne restano molti. Innanzi tutto, ben si comprende che bersaglio di questo feroce fanatismo siamo tutti noi, in ogni angolo d’Europa. Non c’è frontiera che tenga. E allora occorre puntare ad una maggior integrazione tra i nostri Paesi, a livello di servizi di sicurezza e di banche dati da mettere in comune. Il tutto con una tutela sovranazionale delle nostre frontiere esterne. Quelle dell’Unione e non dei singoli Stati che, divisi e separati, risultano ancora più vulnerabili di fronte al terrorismo. Per questo il cammino dell’unificazione europea deve essere accelerato il più possibile. Per il terrorismo siano già un unico bersaglio e allora dobbiamo essere anche un’unica entità di difesa comune.

Scontata poi una risposta al fondamentalismo sul terreno militare. E qui si tratta di intensificare l’azione in Iraq per togliere ogni palmo di territorio al Califfato che da tre anni ha occupato quell’area geografica. Una cosa però va detta: attenzione a non sbagliare bersaglio. Il nemico è l’Isis e non la Siria. Occorre distruggere le postazioni degli uomini di Al Baghdadi e non bombardare quelle di Assad. Oltretutto così rischiamo di dividere il fronte tra filorussi e filoamericani, in una nostalgica ed inutile parodia della Guerra fredda in cui, alla fine, unici a trarne vantaggio saranno ancora i fondamentalisti. Anche in questo frangente c’è spazio per l’Europa che però deve avere una linea propria e non accodarsi fideisticamente al carro americano.

Da evitare infine la tentazione di confondere terrorismo ed immigrazione. Immaginare che i migranti che bussano alle nostre porte siano assimilabili al fondamentalismo è il regalo migliore che possiamo fare a quest’ultimo. Questo non significa totale ed indiscriminata libertà di accesso nei nostri Paesi, ma una ragionata e credibile politica migratoria, gestita a livello sovranazionale, capace di discernere tra chi è rifugiato e che viene da noi per motivi economici, puntando sulla massima capacità di integrazione e, naturalmente, sul fermo e determinato rispetto delle leggi.

La battaglia contro il terrorismo sarà dura e lunga. Dovremo agire a livello investigativo, politico, militare sempre nel segno della cooperazione sovranazionale. Forse non riusciremo a respingere il gesto improvviso di un folle, ma certo prosciugheremo la fonte da cui esso riceve la spinta per la sua azione criminale.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.