Kamikaze a San Pietroburgo

Il sanguinoso attentato avvenuto in Russia nella metropolitana di San Pietroburgo ci ricorda che il terrorismo è più che mai globale. E per contrastarlo è pressoché inutile affidarsi soltanto, come immaginano i sovranisti di ogni risma, ad una più o meno ermetica chiusura delle frontiere, cosa peraltro impossibile da ottenere. Meglio piuttosto puntare ad una più ampia e incisiva collaborazione internazionale tra scambio di dati e informazioni. E’ chiaro che anche la Russia di Putin è finita nel mirino di chi vuole portare il terrore nelle nostre contrade e nelle nostre vite di tutti i giorni.

Gli inquirenti sembrano confermare che l’attentato, che ha provocato 14 morti e 40 feriti, sia legato ad una pista interna di matrice kirghisa. Il kamikaze, un giovane poco più che ventenne, risulta infatti proveniente dal Kirghizistan, repubblica ex sovietica dell’Asia centrale. Stiamo parlando di un’area geografica che raramente si trova sotto i riflettori mediatici. Le minoranze islamiche presenti nella regione, un tempo più o meno inserite nel grande corpaccione dell’Unione sovietica, dopo la dissoluzione del vecchio regime, hanno dapprima vissuto una fase ultranazionalista, per affermare la propria identità, per poi diventare, in qualche modo, terreno fertile per il crescere del fondamentalismo. Non a caso molti combattenti che ingrossano le fila dell’Isis provengono da queste aree. L’intervento di Mosca nello scacchiere siriano ha contributo ad acuire la situazione e far percepire la Russia come un nemico sulla via del Califfato e quindi rendendola automaticamente un possibile bersaglio, né più né meno che gli altri Paesi occidentali.

Di certo, come dicevamo all’inizio, occorre una più stringente cooperazione sovranazionale contro il terrorismo e la Russia è, in tal senso, un partner imprescindibile. La questione della Crimea, le tensioni in Ucraina, le sanzioni commerciali che ne sono seguite, pesano non poco nei rapporti tra Mosca e l’Occidente. Evidente però che la lotta al terrorismo richiede che qualsiasi altro motivo di dissenso venga messo da parte. Realismo politico impone, come molte altre volte nella storia, di scegliere il male minore e dunque di coinvolgere la Russia a pieno titolo in questa grande alleanze internazionale contro il fondamentalismo, cercando di vedere più quello che ci unisce rispetto a quello che ci divide.

 

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