L’Europa ad un bivio nel suo 60°: stato federale o rischio implosione

La solennità con cui si stanno celebrando i sessant’anni dalla firma dei Trattati di Roma non deve far dimenticare lo stato di crisi in cui si trova il progetto di integrazione europea. La situazione attuale richiede un europeismo militante, il coraggio di scelte all’altezza dei tempi e non solo il pur giustificato ricordo del cammino compiuto.

Un cammino che può essere scandito in almeno tre grandi fasi.

La prima fase, dal dopoguerra al 1992, è stata quella pionieristica, dell’avvio del sogno dei padri fondatori, che ha creato i presupposti per un mercato comune, dalla Ceca alla Cee, la Comunità Economica Europea. Come era indovinato quel nome “Comunità”! Perché la comunità esprime una comunanza di destino, un legame inscindibile, fraterno e solidale, mentre il termine “unione” sembra evocare più le M&A, le fusioni e le acquisizioni, dove c’è qualcuno che domina e trae vantaggi a scapito di atri che ne subiscono le conseguenze.

La seconda fase, dal Trattato di Maastricht al 2016, è stata quella della moneta unica, dei diversi tentativi operati dall’alto di redigere una costituzione, sempre bocciata negli Stati in cui è stata sottoposta al giudizio popolare. Sono stati anche gli anni di un frettoloso allargamento ad Est, in cui l’Ue si riduceva a rincorrere gli ex Paesi del blocco comunista che venivano inglobati nella Nato, che così facendo aveva cambiato la sua natura da difensiva a offensiva.

La terza fase è quella iniziata lo scorso anno in seguito al referendum che ha determinato l’uscita del Regno Unito dall’Ue, ed in seguito all’esito delle elezioni americane. A questi eventi si può rispondere con un arroccamento che crea ulteriore sfiducia e distacco tra popolo e istituzioni europee, oppure lanciando proposte commisurate alla gravità della crisi attuale. Non è il tempo della retorica, bensì quello della consapevolezza. Si parla di Europa a più velocità, di esercito europeo, come se i problemi generati da quindici anni di moneta comune senza uno stato europeo non avessero insegnato nulla.

L’Europa attuale è di fronte ad un bivio: o la continuazione dell’esperienza di un’Europa a più velocità dove alla fine comandano i tecnocrati non eletti da nessuno, e che rischia l’implosione, oppure rompere gli indugi e virare decisamente in direzione di uno stato federale unitario. Con una moneta comune, con una banca centrale controllata dal governo europeo, con una moneta emessa dallo stato, anziché dalle banche d’affari private che la emettono a debito, con un fisco, un esercito comune, governati da istituzioni elette a suffragio universale.

Gli Stati che intendono concorrere alla nascita di un’Europa federale possono da subito sottoporre a referendum la proposta di dare mandato costituente al prossimo parlamento europeo in modo che esso rediga una costituzione da cui nasca entro il 2020 lo stato federale europeo. Oggi questo appare un progetto ancora realizzabile. Indugiare potrebbe essere rischioso, perché non è detto che fra qualche anno l’attuale deriva sia ancora arrestabile di fronte a un ulteriore aumento della desertificazione industriale, della povertà, delle disuguaglianze sociali, dell’instabilità internazionale creata ad arte per impedire l’unificazione dell’Europa. Di certo rifugiarsi nella sola retorica , facendo finta di non vedere ciò che non va, è il miglior favore che si può fare agli avversari dell’integrazione europea. L’europeismo vero richiede proposte coraggiose, che facciano breccia nel cuore dei cittadini, altrimenti si trasforma in vuota retorica, sganciata dai problemi reali della popolazione, e quindi nella causa principale dell’euroscetticismo. Da eredi di una grande tradizione politica cattolico-democratica, che ha sempre saputo tradurre in proposta politica ciò che costituiva la priorità per il popolo, se solo riuscissimo ad avere maggiore consapevolezza del danno che producono alla causa europea i nostri discorsi benpensanti e rigorosamente imprigionati nel politicamente corretto, avremmo dato già un contributo concreto per questo 60° anniversario europeo.

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