Un Paese in crisi, una politica autoreferenziale

Le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, che ha bocciato gran parte dell’Italicum, invitano il legislatore ad una presa di responsabilità che conduca il nostro Paese fuori dalle secche dell’ingovernabilità, 99 pagine in cui si legge chiaramente che così non si può più andare avanti.

Ci sono molte cose che ci turbano in questi giorni. Sono innumerevoli i problemi e l’Italia ha bisogno di fiducia e stabilità per risolverli. Fiducia vuol dire corrispondenza tra le esigenze delle diverse forze sociali e l’azione delle forze politiche, mentre, invece, si continua ad assistere ad un progressivo e crescente distacco tra classe politica e società civile.

Abbiamo bisogno di un cambiamento vero, radicale, profondo, ma il nostro, si sa, è uno strano Paese. Quando una forza politica propone il cambiamento volto ad assecondare la volontà della maggioranza degli italiani, quella forza viene additata come populista. Ma se chi propone un radicale cambiamento è un populista velleitario da non votare, è difficile allora, per la maggioranza degli italiani, comprendere le ragioni perché si debba continuare a dar credito a coloro, che più volte hanno già palesato l’incapacità di migliorare questo nostro Paese e si ripresentano, puntualmente, davanti agli italiani, travalicando quel ruolo di intermediazione politica loro affidata dalla nostra Carta costituzionale. Gli italiani sono disorientati.

In questa situazione, la crisi che travaglia il sistema non è tanto una crisi di legittimità quanto una crisi di capacità e di competenze. È l’incapacità di far fronte ai problemi e di dare segnali di sana giustizia sociale e morale, che esaspera le tensioni sociali, scredita le istituzioni e provoca una diffusa protesta civile, che assume forme sempre più rabbiose.

La nostra è una democrazia parlamentare e le consultazioni politiche dovrebbero essere uno strumento di partecipazione e di verifica dell’azione dei partiti, che danno a noi italiani la possibilità di manifestare la nostra volontà e scegliere i nostri rappresentanti, ma la realtà è ben diversa da questi postulati e comunque non è certo questo il momento di gettare il Paese nel caos, in lunghi mesi di campagna elettorale con esiti incerti e disastrosi per la governabilità. Abbiamo bisogno di una buona legge elettorale che non può essere pensata in pochi giorni. Il problema è la pensione dopo solo 4 anni e sei mesi, che scatterebbe per i parlamentari a settembre? Bene il Parlamento è sovrano, sgomberi subito il campo da ogni ilarità e dubbi e adegui, con una semplice leggina, la previdenza dei politici a quella di tutti gli italiani o almeno questa volta sospenda la norma.

La massa dei problemi irrisolti, la gravità della crisi economica e delle coscienze, la povertà che dilaga e l’irriverente autoreferenzialità della politica fanno pensare che, in mancanza di un severo ripensamento da parte di tutte le forze democratiche, il sistema Italia a breve, salti.

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