L’Italia che crolla sotto i colpi dell’austerità

Il cavalcavia che è crollato addosso ad una povera coppia di coniugi sull’autostrada A14 nelle Marche è l’ennesima tragedia che non si può attribuire solo al modo in cui si fanno i lavori, su cui indagherà la magistratura. È l’immagine di un Paese che sta letteralmente cadendo a pezzi sotto i colpi dell’austerità che negli ultimi quindici anni ha prodotto più danni del terremoto e di tutte le altre calamità naturali messe insieme.

Un sistema che non tollera critiche ma che esige il continuo ossequio politico e mediatico. Si dovrà dunque sfidare il politicamente corretto per ricordare che il cavalcavia crollato era il ponte 167 della strada provinciale 10. Una infrastruttura come migliaia di altre che sono ancora in capo a quelle province che una assurda campagna di stampa orchestrata dalle oligarchie finanziarie internazionali aveva ordinato ai nostri ubbidienti politici di abolire. Sono state prontamente tagliate le risorse che servivano per i già trasandati edifici scolastici, per il trasporto pubblico, per le politiche attive del lavoro, per, appunto, la manutenzione dell’imponente rete stradale provinciale. Ma senza prevedere di traferire adeguatamente queste competenze ad altri enti.

Si sono fatti dei grossolani tagli sulla carne viva dei cittadini e, in segno di sommo sfregio nei loro confronti, si è anche deciso di togliere loro il diritto di eleggere i consigli provinciali e metropolitani. Sì l’abolizione delle province è stata un’altra angheria dell’establishment globalista sulle persone, dimenticando che in democrazia i comuni cittadini sono il sovrano. Ed infatti il 4 dicembre scorso, a furor di popolo, è stata bocciata la cancellazione delle province dalla Costituzione. La politica deve prendere atto della volontà popolare. Non è questione di nome ma di sostanza: va ripristinato al più presto un livello di governo di area vasta, eletto democraticamente e dotato delle risorse necessarie per realizzare in modo sussidiario ed in un’ottica di razionalizzazione delle funzioni, quei servizi che i singoli comuni di un territorio non riescono a gestire da soli.

E lo Stato, a partire dalle sue articolazioni territoriali più prossime al cittadino, va rimesso al più presto nelle condizioni di garantire le risorse necessarie all’espletamento dei suoi doveri, senza infierire oltremisura sulla leva fiscale. Dove si prendono allora le risorse? Si prendono riaffermando la sovranità popolare, cambiando i Trattati europei e superando la privatizzazione della moneta. Dando un calcio a questa Germania, ai banchieri, alla speculazione finanziaria, all’austerità che ci rovinano, per una Europa capace di futuro in forme radicalmente diverse da quelle attuali, e non rassegnata ad essere travolta dalla disperazione popolare.

A quanti altri crolli dovremo assistere? Quante altre tragedie dovranno consumarsi – come quella dell’ Hotel Rigopiano dove la provincia non disponeva neanche più di una turbina spazzaneve che avrebbe potuto salvare molte vite – nell’Italia che crolla sotto i colpi di una austerità assurda, disumana e assassina?

È un fatto che ormai gran parte di quei due terzi di cittadini che le politiche di austerità sta impoverendo, si stanno orientando, come le generazioni più giovani che lo fanno già pressoché in massa, a votare per il Movimento Cinque Stelle, non sempre con fiducia, e magari anche consapevoli dei rischi che si corrono, ma con l’obiettivo più prosaico di sostituire con una forza guidata da un comico e composta in maggior parte da persone inesperte, la vecchia classe politica che ha ereditato dalla prima repubblica la settima potenza economica mondiale e l’ha trasformata per sua colpa, con politiche manifestamente sbagliate, in un Paese che arranca ai bordi dell’Europa. Il coperchio dell’austerità sta per saltare, gli italiani sanno che dovranno resistere ancora qualche mese prima di poter depositare nelle urne il segno inequivocabile e potente del cambiamento, dimostrando in ultima analisi di saper distinguere le forze che lo vogliono da quelle che magari pur dicendo di volerlo, lo hanno nei fatti ostacolato.

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