Strage di Berlino: l’Europa nel mirino del fondamentalismo

Stessa dinamica messa all’opera quest’estate in Francia, a Nizza: un camion lanciato a folle velocità sulla gente, per travolgere tutto e tutti. Teatro di questa ennesima tragedia, Berlino. Quattordici i morti tra cui, forse, un’italiana. Una giovane donna abruzzese nella capitale tedesca per lavoro. Decine i feriti. L’assassino, per ora, ancora in fuga. Grande la paura, per esser divenuti bersagli improvvisi della follia omicida del farneticante terrorismo dell’Isis. La rivendicazione è giunta poche ore fa, ma la matrice pareva chiara sin dai primi momenti.

Forse ci eravamo illusi che il fondamentalismo si fosse dimenticato di noi, invece così non è. Nonostante l’assedio cui, da mesi, è sottoposto in Siria e in Iraq, con un territorio che si va sempre più restringendo l’Isis torna alla ribalta. Stretto nella morsa dei suoi assalitori si mostra più feroce di prima. Capace cioè di sferrare sanguinosi colpi prima di soccombere. Perchè, e di questo possiamo starne certi, saremo noi a prevalere.

Il problema semmai è il dopo. Ovvero la nostra reale e concreta capacità di costruire dei nuovi assetti in Medio Oriente e, più in generale, in tutta l’area della sponda sud del Mediterraneo. Servirà l’apporto di tutti. A cominciare dalla Russia di Putin, colpita proprio ieri con il barbaro assassinio del suo ambasciatore in Turchia. Il diplomatico è stato ucciso a sangue freddo mentre, ad Ankara, stava inaugurando una mostra dedicata all’arte russa. Altro micidiale esempio del clima di terrore che si vuole portare ovunque, avendo a disposizione, come braccio armato, manipoli di fanatici pronti a tutto.

Eppure proprio adesso, in questi frangenti nei quali da tempo siamo purtroppo immersi, che occorre fare il massimo sforzo congiunto per vincere la guerra contro la piovra fondamentalista e, soprattutto, preparare un autentico futuro di pace nell’intera regione. Una pace in cui i molteplici attori: dall’Iraq alla Turchia, dall’Iran, alla Siria, tutta da ricostruire, al popolo curdo, in perenne attesa di un suo riconoscimento nazionale, possano sentirsi protagonisti della reciproca convivenza. E qui emerge la grande responsabilità di Russia e Stati Uniti, con la necessità di impostare una ritrovata partnership di cui il mondo ha più che mai bisogno, dopo l’unilateralismo di questi decenni.

Tra questi attori non deve però mancare l’Unione europea, troppo spesso assente e che invece, come mostra il cieco terrorismo che colpisce le nostre città e la nostra popolazione, viene considerata un soggetto da intimidire e da spaventare. Tocca a noi essere all’altezza della sfida che ci viene lanciata, rispondendo con l’arma più forte che potenzialmente possediamo: l’integrazione politica del continente, senza cedere all’esiziale tentazione di costruire nuovi muri. Solo un balzo in avanti verso l’integrazione potrà renderci in grado di contrapporci nel modo più efficace a chi ci attacca e, soprattutto, renderci veri protagonisti dei futuri assetti mondiali.

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