Proposta di nuova legge elettorale: l’Ibericum

Di recente, entro il Pd, si è aperto un tavolo per modificare l’Italicum, in attesa, ovviamente dopo il referendum, di coinvolgere le altre forze politiche. I punti dell’accordo riguardano: la concessione del premio di maggioranza alle coalizioni anziché soltanto alle liste; l’eliminazione dei capilista bloccati e della facoltà di candidarsi in una pluralità di circoscrizioni. Si ipotizza, addirittura, la cancellazione del ballottaggio. In poche parole, siamo al completo rifacimento dell’Italicum.

C’è davvero da chiedersi se, dopo tutte queste modifiche, avremo davvero una buona legge elettorale. Qualche dubbio è lecito. In poco più di dieci anni, di sistemi elettorali ne abbiamo avuti tre, mentre nei quarantacinque anni di Prima repubblica ve ne era stato uno solo. Intendiamoci, non abbiamo alcuna nostalgia di quel proporzionale puro che ci consegnava ad una cronica instabilità politica, ma certo adesso pare eccessivo questo continuo oscillare da un modello all’altro, non trovando mai un sistema accettato da tutti.

Per la verità, il Mattarellum era un ottimo compromesso tra collegi uninominali, che favoriscono la nascita di robuste maggioranze, e proporzionale, nel segno di un’idonea rappresentanza. Nel 2005 il centro-destra decise però di cambiare le carte, puntando sul Porcellum, con le liste bloccate e un premio di maggioranza alla coalizione vincente, senza alcuna minima soglia di accesso. Si è avuta così la creazione di confusi cartelli elettorali, messi in piedi solo per battere lo schieramento avverso ma incapaci poi di governare a causa della loro disomogeneità politica.

Su questo impianto è stato infine concepito l’Italicum: base proporzionale, doppio turno (vecchio pallino della sinistra, oggi stranamente ripudiato) e non più liste bloccate ma soltanto (si fa per dire) i capilista. Qualche miglioramento rispetto al Porcellum ma ancora molti, ed evidenti, difetti. Il fatto è che troppo spesso la scelta di un sistema è legato non tanto alla sua reale efficacia, quanto alla ricerca di immediati vantaggi elettoralistici. Sino a che la materia elettorale viene piegata alle convenienze spicciole di questa o quell’altra forza politica, non si uscirà dal vicolo cieco. E allora cosa fare?

Crediamo che, a questo punto, sia meglio azzerare tutto, modifiche all’Italicum comprese (una toppa quasi peggiore del buco), puntando su qualcosa di nuovo, il più possibile condiviso. In quest’ottica, a noi sembra che la miglior base di partenza sia sicuramente il proporzionale che ha, per intanto, il grande pregio di non distorcere oltremisura il voto, e dunque la volontà, dei cittadini. Si parta quindi da lì, aggiungendo però due elementi che forniscono stabilità al sistema, impedendo la frammentazione ed facilitando la governabilità.

Il primo elemento è disegnare collegi elettorali ristretti, che eleggano 7-8 deputati ciascuno, tali da costituire uno sbarramento naturale contro la frammentazione delle liste e promuovere un tendenziale bipolarismo che renderà agevole la formazione di maggioranze alternative, il più possibile omogenee. Il secondo è prevedere un mini-premio (30 seggi al massimo, un bonus del 5 per cento rispetto al plenum dell’aula) da assegnare alla lista o alla coalizione vincente. Considerando gli attuali 630 deputati e sottraendo i 30 seggi del mini-premio, ricompresi in un collegio unico nazionale, i restanti 600 deputati andranno suddivisi in 85-86 collegi per eleggere grosso modo sette parlamentari. La scelta dovrà avvenire con le preferenze, vietando le candidature in più collegi, stabilendo un tetto di spesa elettorale vincolante e l’annullamento dell’elezione del deputato in caso di sforamento.

In pratica, è il modello spagnolo con due ritocchi: i trenta deputati del mini-premio e le preferenze. Un sistema che, nell’ipotesi saltasse la modifica costituzionale, potrebbe essere valido sia per la Camera sia, dimezzando i numeri, per il Senato. Così come potrebbe attagliarsi alla sola Camera, qualora la riforma passasse.

Come si nota, siamo di fronte ad un sistema ben strutturato, con meccanismi di facile comprensione, efficace nel soddisfare sia le esigenze della governabilità che quelle della rappresentatività. Visto che vanno di moda i termini latini, potremmo battezzarlo Ibericum e chissà che stavolta non la si azzecchi e che tutti siano finalmente soddisfatti.

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