La vittoria di Trump è la rivolta verso tutti gli establishment

La campagna elettorale americana è stata un incontro di wrestling e quindi ha vinto il migliore, Donald Trump. Il discusso imprenditore ha fatto carta straccia di tutti i canoni democratici dinnanzi ad una candidata democratica consumata dal lungo potere gestito con il marito-socio Bill e spaesata dalle inusuali brutalità del confronto. Trump ha raccolto le sordide rabbie che covano negli Usa e in tutte le democrazie storiche occidentali. Vi è una ribellione che pare indifferente a qualsiasi buon senso, ragione e autorità. Al fondo vi è l’enorme spaesamento morale, culturale ed economico derivante da accelerati processi di globalizzazione e tecnico scientifici che l’essere umano fatica a comprendere e metabolizzare. Il passo dell’Uomo non è quello di una macchina e di un pc. Questi fenomeni hanno travolto i confini materiali e culturali delle persone e delle comunità, causando nell’immediato una molteplicità di paure enfatizzate da circuiti informativi i cui contenuti sfuggono ai media tradizionali. Maggiori disuguaglianze sociali, ingenti fenomeni migratori che si scaricano nelle periferie delle società e quindi la perdita di certezze derivanti dalle proprie tradizioni causano una ribellione verso tutti gli establishment che esplode nelle urne. L’angoscia di ulteriore impoverimento e della perdita del controllo della propria identità, diritti, valori ed economie generano queste clamorose reazioni. Un patatrac per i canoni democratici conosciuti e bene o male sin qui praticati. E’ paradossale che l’equivoco multimiliardario Trump possa rappresentare le aspettative degli emarginati, ma poco importa; l’importante è dare un cazzotto ai sistemi di potere. Da tempo Papa Francesco frusta le coscienze delle autorità politiche ed economiche affinchè si intervenga con vigore a sanare le enormi disparità sociali all’interno dei propri stati e in quelle aree del mondo ove i conflitti e le povertà innescano la fuga dalle terre natie. Con enorme impegno cerca di sanare le divisioni religiose perché l’unità degli “spiriti” è alla radice della Pace e dello sviluppo.
Non si tratta certo di reagire seguendo le pance perché altrimenti tutto finirebbe in diarrea (mi si perdoni la non fine metafora) ma certo le classi dirigenti politiche, culturali ed economiche devono realizzare che urgono rapide concrete risposte a questo enorme disagio. Le democrazie reggono se i sistemi offrono opportunità di miglioramento per tutti e non per pochi e se il passo dei cambiamenti ha i ritmi e i tempi della coscienze.

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