Forum euroasiatico: l’opzione della pace e dello sviluppo è ancora possibile

logo_forum-veronaVerona, 21 ottobre – Nella giornata in cui il Consiglio Europeo a Bruxelles inasprisce i toni contro la Russia e contro la coalizione che in Siria sta combattendo i terroristi, non trovando tuttavia l’intesa per ulteriori sanzioni, a Verona si è concluso il quinto Forum Euroasiatico, che potremmo definire una sorta di vertice del “partito della pace”, di diversi soggetti economici e culturali che puntano a costruire un grande mercato euroasiatico, da Lisbona a Vladivostok, possibilmente senza passare prima da una nuova guerra mondiale, cercata ormai sempre meno velatamente dai fautori del modello di governo unipolare, da coloro che vogliono che i tentacoli delle grandi centrali della finanza speculativa si allunghino anche sui Paesi emergenti e che per il dio-denaro non si faranno scrupoli a riportare la guerra in Europa.

Una consapevolezza che è emersa dall’intervento di Romano Prodi, per il quale «senza un accordo tra Russia e Stati Uniti non si riuscirà ad arrivare alla pace in Siria e in qualche modo a una tregua in Medio Oriente. E questa è un’ammissione automatica della debolezza dell’Europa».  L’ex presidente della Commissione Europea ha perciò lanciato la proposta di una conferenza Ue-Eurasia per fronteggiare «il processo di deterioramento sistemico» che «colpisce i rapporti Ue con tutta l’Eurasia sia sul piano politico che economico e le continue piccole provocazioni di esercitazioni militari fanno pensare che la leva di comando sia passata dai politici ai militari».

Una proposta che ha trovato il pronto sostegno del vice di Lavrov, Alexey Meshkov, vice ministro degli Esteri della Federazione Russa, e del presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia (fra gli organizzatori del forum scaligero) e di Banca intesa Russia, Antonio Fallico: «È una proposta importante – ha detto -, per il prossimo anno vorremmo invitare al Forum anche alcuni membri della Commissione Ue, per allargare il dialogo in modo significativo con gli omologhi dell’Eurasia. A causa delle sanzioni – ha affermato Fallico – ci sono 32 miliardi di euro di commesse italiane in stand by; in molti casi si tratta di contratti già firmati anche dai partner russi. Nonostante la congiuntura geopolitica l’area eurasiatica è più strategica che mai per l’industria e le Pmi italiane. Si parla tanto – ha proseguito – delle controsanzioni relative ai prodotti dell’agricoltura, che sino a ora hanno generato una perdita commerciale di circa 800mln di euro, ma troppo poco delle ripercussioni sulle forniture di tecnologia sofisticata: qui il danno supera largamente i 10 miliardi di euro».

Insomma, le cifre confermano che l’obiettivo dei signori delle sanzioni è stato in parte raggiunto, rendendo più difficili le vendite italiane nella Unione economica Eurasiatica (Ueea). Il resto lo fanno le guerre in Ucraina e Medio Oriente che hanno portato conflitti nelle zone di passaggio delle antiche e nuove Vie della Seta, per sabotare un processo che è nella logica delle cose, e della geopolitica, la progressiva integrazione economica euroasiatica che rende l’Europa protagonista di una straordinaria era di pace e di sviluppo, da cui anche l’Africa e le Americhe non potranno che trarre giovamento. Non è un caso che gli unici che temono questa prospettiva sono coloro che hanno provocato la grande crisi finanziaria globale: tali poteri sanno che sarebbe la loro fine e per questo lavorano ad un nuovo conflitto globale.

Ma la forza dei numeri alla fine si imporrà: come quelli illustrati dal presidente di Rosneft, la maggior compagnia petrolifera al mondo, Igor Sechin: « Rosneft potrebbe offrire progetti per 100 miliardi di dollari, creando ponti energetici tra Russia, Asia e Pacifico». Una occasione di ulteriore rammarico per l’Italia che per ubbidire ai diktat dei fautori della divisione dell’Europa, ha gettato alle ortiche il vantaggioso progetto del South stream.

Per qualche settimana ancora l’Europa potrà non scegliere. Ma dopo le prossime elezioni americane non sarà più possibile insieme fare affari e preparare la guerra verso gli altri Paesi euroasiatici. Anche se non si sceglierà, vi sono le premesse perché una delle due opzioni prenda il sopravvento.

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