11 settembre 2001: quindici anni fa

Quindici anni fa, l’11 settembre 2001, data che ha cambiato il corso di questi anni, facendo entrare il terrorismo islamico nella nostra vita. L’assalto aereo alle Torri gemelle, provocandone il crollo e causando la morte di quasi tremila persona, resta qualcosa di inimmaginabile. E quella mattina il mondo si ritrovò immerso in un incubo, con l’America, sino ad allora invulnerabile a qualsiasi attacco, al centro di un assedio a dir poco pazzesco. Due aerei contro le Torri gemelle, uno contro il Pentagono, un altro caduto nei boschi della Pennsylvania per l’ammutinamento dei passeggeri contro i terroristi. Momenti che non dimenticheremo mai. Tutti quelli che hanno l’età per farlo, ricordano benissimo cosa stavano facendo quel giorno, e tale rimarrà per sempre nella nostra memoria.

Il seguito di quella tragedia lo conosciamo altrettanto bene. Vi fu dapprima l’attacco all’Afghanistan, per cancellare il regime dei Talebani, uno dei totalitarismi più retrivi che la storia ricordi (basti pensare alla distruzione delle statue dei Buddha nel deserto di Bamiyan), colpevole, probabilmente di alimentare il terrorismo e di ospitare Osama Bin Laden, l’ideatore del massacro americano.

Due anni dopo poi venne commesso l’errore più grande con l’invasione dell’Iraq e l’abbattimento del regime di Saddam Hussein. Un vaso di pandora che si è aperto e che non si è ancora richiuso, generando ogni sorta di frutti avvelenati, dall’Isis alla totale destabilizzazione dell’area Mediorientale. Clamorosa l’illusione anglo-americana di costruire tra il Tigri e l’Eufrate una democrazia di stampo occidentale. Si disse che lo stesso era stato fatto mezzo secolo prima con la Germania dopo la dittatura hitleriana. Si volle forse dimenticare che i tedeschi erano un popolo pienamente inserito nell’Europa liberaldemocratica e in cui il nazismo poteva, davvero (come in effetti fu), considerarsi un’orrenda e brutale parentesi.

A Baghdad si andava invece a contro un regime che manteneva in equilibrio le varie componenti etniche e religiose, pronte ad combattersi una contro l’altra non appena fosse stato rimosso il coperchio che le teneva compresse. Per di più vennero persino fabbricate false prove contro Saddam, riguardo alla detenzione di armi nucleari. Un bluff che oggi è stato rivelato appieno. Si diede insomma il via libera ad una delle guerre più insensate e disastrose di sempre, con l’aggravante di aver introdotto nello scacchiere internazionale la nozione di “intervento preventivo”.

Non quindi, come è giusto che sia, in risposta ad una precisa aggressione (come nel 1990 con l’invasione dei Kuwait) ma addirittura un’azione preliminare, che può fondarsi dunque solo su sospetti e che mai potrebbe venire autorizzata dall’Onu. Abbiamo ancora in mente il gran rifiuto della Francia, con il presidente Chirac nei panni di grande statista della pace ad affermare la sua totale avversione all’intervento in Iraq. La sua avvedutezza non ha avuto purtroppo seguito nei suoi successori all’Eliseo se pensiamo alla destabilizzazione della Libia o alla pervicace volontà di abbattere in Siria il regime di Assad.

Inutile dire che l’Occidente ha in questi anni troppe volte imboccato la strada sbagliata. Le primavere arabe potevano essere un’occasione di riscatto per popolazioni oppresse da regimi dittatoriali, ma ci voleva maggior cautela, a partire da una più attenta considerazione del ruolo del presidente egiziano Hosni Mubarak, baluardo contro il fondamentalismo islamico. Le porte dell’integralismo si sono invece aperte un po’ ovunque. Bisognava appoggiare i regimi laici e nazionalisti, quali erano, pur con alcune differenze tra loro, quelli di Saddam, Mubarak e Gheddafi. Si doveva (e si deve tutt’ora) sostenere la causa palestinese perchè larga parte delle frustrazioni del mondo arabo verso l’Occidente trova lì le sue ragioni di fondo.

Adesso abbiamo l’Isis ed occorre battersi fino in fondo per eliminarlo. Non sarà facile ridisegnare i nuovi assetti del Medio Oriente, così come non sarà facile mettere in sicurezza la Libia. Eppure tutto incalza, con flussi di migranti che bussano alle nostre porte e mettono in crisi le istituzioni europee, rimaste in mezzo al guado, senza aver trovato il coraggio per procedere verso una nuova fase di integrazione.

Il mondo di oggi è un po’ questo, tra lotta al terrorismo, economia globalizzata, nuove disuguaglianze e assetti internazionali tutti da costruire. Un mondo che iniziò improvvisamente a cambiare l’11 settembre di quindici anni fa.

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