Libia, la voce della politica non il fragore di altre bombe

Nonostante il generale agosto spinga il Belpaese a distaccarsi dal considerare i pericoli che provengono dalla vicina Libia e in un Mediterraneo ormai balcanizzato dopo troppi anni di interventismo occidentale, i fatti incedono prepotentemente. L’agenda elettorale degli Stati Uniti ha ormai dei tempi stretti e l’attuale Amministrazione nel tentativo di neutralizzare l’argomento della Libia nella campagna elettorale per la Casa Bianca, ha avviato dei bombardamenti su Sirte che rischiano di rivelarsi la classica pezza peggiore del buco e di produrre ripercussioni particolarmente negative per l’Italia.

Il buco è quello creato nel 2011 soprattutto da Usa, Francia e Regno Unito con la decisione di rovesciare con la forza e con l’infiltrazione di gruppi fondamentalisti e terroristici, il regime di Gheddafi. Si sapeva sin da allora a cosa si sarebbe andati incontro: non alla fioritura della democrazia, bensì all’estensione incontrollata del caos. In questo modo la Libia, che era governata da un regime laico con il pugno di ferro contro ogni insorgente gruppo islamista, è divenuta un teatro di scontro continuo tra signori della guerra locale, di guerre per procura fra potenze straniere, di lotta – anche fra Paesi membri dell’Ue – per mettere le mani sulle immense ricchezze petrolifere di quello che noi occidentali abbiamo, deliberatamente, reso uno stato fallito. Per non dire delle gravissime conseguenze sulla tratta degli esseri umani, dei migranti e sul traffico di armi, nel cui capitolo sembra che rientri l’uccisione a Bengasi nel 2012 dell’ambasciatore americano Stevens.

Da queste premesse non si può che esprimere forte preoccupazione e condanna per i raid avviati dagli Stati Uniti sul territorio libico. Difficilmente questi nuovi bombardamenti volgeranno le sorti della guerra civile libica in favore del governo riconosciuto di al-Sarraj; più verosimilmente si riveleranno un boomerang, mettendo a rischio l’appoggio delle varie milizie islamiste che lo sostengono.

Le bombe, insieme alle stragi di civili che sempre le accompagnano, lasceranno in eredità una situazione, se possibile, peggiore, uno scenario di tipo somalo o siriano di fronte a casa nostra ed alle porte dell’Europa. Per tutti questi motivi è auspicabile che il nostro Paese faccia ricorso ad una grande dose di prudenza. La stessa che ha dimostrato negli ultimi anni di fronte alle insistenti pressioni dell’alleato americano ad un coinvolgimento militare del nostro Paese nella polveriera libica. Di questo si deve dare atto al governo e nel contempo gli va chiesto di sottoporre in ogni caso preventivamente al voto parlamentare la decisione della concessione delle basi militari americane in Italia per i bombardamenti sulla Libia. Ciascuna forza politica si deve assumere la propria responsabilità di fronte agli elettori.

Una richiesta che avrà più forza nella misura in cui tanti cittadini, associazioni della società civile, proveranno a sfidare il generale agosto, facendo sentire la propria voce e manifestando la loro contrarietà al coinvolgimento dell’Italia in una operazione militare che finirà per peggiorare le cose sul territorio libico ed espone l’Italia a rischi maggiori.

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