Contro la crisi politiche espansive come in Giappone?

La «crisi angosciante e drammatica» che vive l’Italia «impone alle Istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese». È il messaggio del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione dell’anniversario che ricorda l’ omicidio di Massimo D’Antona, docente e giurista del lavoro, ucciso dalla Brigate Rosse nel 1999. Angosciante e drammatica. Così Giorgio Napolitano ha definito il tempo della crisi. Un appello alle forze sociali e al governo affinchè si cambi rotta. Ma come? Le manovre di Monti, inevitabili, per evitare il black out finanziario, hanno rimesso in pista i titoli del bel paese così da finanziare il nostro mastodontico debito a tassi accessibili. Possiamo discutere sull’equità delle manovre, ma l’obiettivo dei “conti a posto” è stato centrato. (Oggi il famoso spread è dimezzato rispetto a novembre del 2011: dall’incubo dei 570 agli attuali 250!) Il prezzo economico e sociale del risanamento è però altissimo.

La stop all’Imu sulla prima casa aiuterà senz’altro parecchie famiglie, ma non possiamo considerarla la via che rilancia la crescita. Anzitutto dobbiamo interrogarci su cosa significhi crescita e cosa intendiamo per sviluppo. Non credo che potremo replicare lo sviluppo economico degli ultimi 50-60 anni. Quel che è certo è che il capitale monetario preferisce confluire verso “titoli sicuri” per “rendimenti facili” e di natura finanziaria. In sostanza si preferisce la rendita all’investimento. L’Europa potrebbe guardare al Giappone: da dicembre 2012, con il cambio di governo, e malgrado un debito doppio rispetto PIL (decisamente superiore a quello italiano ed europeo), i giapponesi hanno deciso di stampare moneta, svalutare lo yen (-30%), incrementare le esportazione, inaugurare un piano di investimenti pubblici, incoraggiare i profitti delle grandi aziende corporate. Risultato: a pochi mesi di distanza la fiducia complessiva e gli indicatori economici nipponici hanno virato verso l’alto generando fiducia e, come spesso accade in ambito economico, circoli virtuosi di assorbimento della disoccupazione e di slancio produttivo.

Shiso Abe, primo ministro del Sol Levante, ha avuto ragione: il Giappone sembra avviarsi verso una nuova stagione che lascia alle spalle la stagnazione che dura almeno da un decennio. Dobbiamo copiare i giapponesi? Penso che, quanto meno, dobbiamo riflettere non solo in Italia, ma in Europa su come rilanciare gli investimenti. Penso che Hollande abbia detto delle cose interessanti: sia sull’unione politica, da fare nel prossimo biennio, sia su quella economica, armonizzare le politiche fiscali e sociali. l’Italia è un paese che ha un grande bisogno di infrastrutture, di una nuova politica energetica ma soprattutto di una convincente lotta alla criminalità e all’illegalità. Perché non pensare ad eurobond, se ne era già parlato, che finanziano specifiche opere pubbliche? Eurobond emessi e gestiti da enti politici sovranazionali, europei con funzioni e poteri in grado di dare sanzioni e penali a chi commette illegalità? Pensiamo a quanto sarebbe da ristrutturare e rammodernare nel nostro paese anche in vista, di Expo 2015 che, tra l’altro, sarà una grande occasione non solo commerciale ma anche culturale. Non solo. Le politiche sociali e i welfare di comunità sono dei volani che spronano l’Economia verso “ambiti di vera sostenibilità” migliorano la vita, sostengono la famiglia, promuovono la cultura della solidarietà. Perché non immaginare un nuovo modello di sviluppo fondato sul welfare? Molto è nelle mani della politica: alla nostra classe dirigente chiediamo di guardare oltre alla dialettica del giorno per giorno. Guardare in profondo e in un orizzonte più vasto, come hanno fatto i giapponesi?

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