Uno sviluppo integrale, fondato sulla qualità della vita

Quello attuale è uno sviluppo monco, incapace cioè di tenere insieme tutte le molteplici facce che caratterizzano un’autentica crescita, che non dovrebbe soltanto essere economica ma anche civile e sociale. Ci si è troppo concentrati sul solo dato materiale, ben sintetizzato dall’incremento del Pil, indice senza dubbio importante ma certo non esaustivo per descrivere compiutamente la qualità della vita e il benessere delle persone. Basti pensare al fatto che, soffermandosi sul solo prodotto interno lordo, si perde di vista la distribuzione del reddito, parametro invece fondamentale poichè sottolinea il grado di equità sociale.

A puntare solo sugli aspetti puramente economici e, di conseguenza, su una visione di profitto sul breve periodo, sono derivate gravi distorsioni. Tra queste va evidenziata la precarizzazione lavorativa, immaginando che la competitività possa esser ottenersi solo riducendo i costi del lavoro umano. Così facendo si sono incentivate soluzioni produttive instabili e poco remunerate che, oltre ad esser dannose sul piano sociale, hanno addirittura tarpato le ali alla domanda interna e dunque ostacolato qualsiasi possibile ripresa. Contratti precari e bassi salari significano infatti scarso potere di acquisto ed impossibilità di alimentare la crescita complessiva.

Effetto più emblematico di uno sviluppo visto unicamente sotto il profilo economico è la cosiddetta società in perenne attività, 24 ore su 24, con negozi e centri commerciali aperti anche la domenica e nei giorni festivi. A favore di questa ipotesi milita l’idea di riuscire a raggranellare qualche manciata di decimali di Pil e a sostenere questa tesi vediamo spesso sbracciarsi parecchi illustri economisti.

Il fatto è che si tratta di una tesi parziale che non tiene conto degli altri aspetti che ruotano attorno al concetto di sviluppo e che riguardano la vita delle persone. Il lavoro domenicale e nei giorni festivi nuoce infatti alle relazioni umane, spezzando legami e rapporti tra le persone. Il giorno di festa, inteso come pausa dalla normale attività produttiva, oltre che servire al ristoro fisico, rappresenta anche un momento di condivisione con gli altri, col nostro prossimo. E’ lo stare insieme per eccellenza, senza l’assillo della fatica del lavoro.

E a rendere socialmente accettabile il lavoro domenicale non basta dire che comunque, in un altro giorno della settimana, si godrà dell’indispensabile momento di riposo. Il riposo è un essenziale fatto biologico ma nel giorno festivo, vissuto insieme agli altri, vi è qualcosa di più, vi si trova la pienezza delle relazioni familiari e sociali. Relazioni che sono un insostituibile rapporto, in un momento condiviso di sosta, di vacanza, da intendersi nel senso latino di “vacatio”. Un vuoto che si contrappone al pieno, a quel troppo pieno, dell’attività lavorativa dei giorni normali.

Certo, si obietta che già oggi vi siano molti comparti produttivi che lavorano nei giorni festivi: dai trasporti allo spettacolo, alle forze dell’ordine al personale degli ospedali. Tutto vero, ma quelle sono situazioni ineliminabili, connesse alla specificità dei compiti svolti che nulla hanno a che spartire con un’estensione generalizzata del lavoro di domenica. Se industria e terziario cominciassero ad operare su scansioni temporali, che prescindono dal comune riposo domenicale, verrebbe cancellato un portato della nostra civiltà: lo stare insieme, almeno un giorno alla settimana. Un portato della cultura cristiana, di un Dio che, dopo le fatiche della creazione, il settimo giorno si riposò ed assunto a fondamento del nostro vivere.

Quello del lavoro domenicale è solo un tipico caso di sviluppo distorto, del quale nella società odierna potremmo trovare molti altri esempi. Più che mai è allora indispensabile puntare ad un modello di sviluppo integrale, realmente fondato sulla qualità della vita delle persone e capace di prendere in esame i costi umani e le distorsioni create da una pura logica materialista. Del resto questa logica non solo ha fallito sul piano della vivibilità ma persino su quello della crescita economica stessa.

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